IL BOSS E L’ITALIANA – TUTTA UN’ ALTRA MUSICA 14^ PARTE

Come si svilupperà il racconto di Sharonlacorta?  La puntata precedente la potete trovare qui.

Nora ridiscese in salotto dopo un po’. Evan era in un angolo del divano, serio, che guardava i programmi del satellite. Bruce era nella stanza dello yoga: aveva approfittato di un attimo per suonare la chitarra. Lei però si accorse che lui non era del solito umore. Non era difficile: non lo aveva mai visto arrabbiato o perlomeno adombrato.
Entrò piano nella stanza, dopo aver leggermente bussato alla porta. Bruce alzò lo sguardo.
“Vieni” le disse.
“Ti va un drink? Un whisky, una grappa…”
Bruce, scosse la testa. Quand’era di cattivo umore non amava bere.
“Mi sembra che ci sia qualcosa che non va. O sbaglio?”
Nora si sedette sul tappeto, di fronte a lui, che era seduto con la chitarra sul divano.
“No… nulla d’importante”
Decise poi che per una questione puramente pratica avrebbe potuto e voluto parlarle dei concerti.
“Senti Nora… – si schiarì la voce, cercando così di fugare anche gli ultimi timori e dubbi – mi piacerebbe fare una cosa mentre sono qui”
Nora attese il resto.


“Oggi pomeriggio e stasera… ho visto gli stadi. Vorrei… potervi fare qualche concerto”
“Uhm. E?”
“Pensi che… sapresti essermi di qualche supporto?”
“Ma tu non ti rivolgevi a Barley Arts?”
“Sì ma… Volevo vederli dentro, volevo un parere. E volevo che mi dessi una mano in questo”
“Non ho certo le chiavi! Ma… cercherò di accontentarti… Non so bene come!”
“Sai che capacità hanno?”
“Circa 5000 posti il nostro, poco più di 4200 quello di Trento”
“Pensavo peggio… Ci starebbero un paio di serate in ciascuna struttura… Dovrei informarmi sui calendari”
“Mica vorrai farli in questa stagione…”
“No, no… Anche se mi piacerebbe! Caspita la gente va a vedere il football, va a vedere il calcio! Perché non un concerto? Si salta, si canta, si balla e ci si scalda di più”
Nora continuò a guardarlo, in attesa della conclusione di quell’argomento.
“Parlerò col promoter”
“Bravo. Io me ne vado a letto, sono a pezzi”
Bruce si sentì… un po’ bistrattato. Non le interessava… Non aveva intenzione di farsi coinvolgere. Forse era meglio. Ma perché questa cosa gli dava così fastidio? Seguì Nora suo malgrado verso la camera da letto.
Non riuscì a togliersi la maschera di malumore che aveva indossato ormai da una buona mezz’ora. Nora continuò a gironzolare per stanza e tra il bagno e il guardaroba, facendo finta di non notare nulla, ma lanciandogli in realtà occhiate di sottecchi per vedere cos’aveva.
Bruce si muoveva piano, togliendosi gli stivali e alzandosi dal letto per raccattarli faticosamente da terra e portarli in guardaroba, gli occhi bassi, le labbra tirate.
Nora lo avvicinò.
“Senti. Se vuoi fare qualcosa che concerne il tuo lavoro… non è a me che devi chiedere. Io vivo qui ma non sono una pierre o cose del genere… Se ti piace l’idea di suonare in posti piccoli accomodati, sono certa che i trentini e i loro vicini di casa ne saranno più che contenti. Ma gestisci la cosa come se fosse… una data qualunque, un concerto qualunque. Perché lo è!”
“Hai ragione. Forse… avevo soltanto voglia che mi buttassi le braccia al collo e mi dicessi che… non aspettavi altro”
Nora sorrise.
“Hai bisogno di coccole?! Te le faccio subito!”
Gli buttò le braccia al collo e lo baciò.
“Ecco… Questo mi piace di te. Mi piace che mi tratti… come un innamorato”
“Lo sei”
“E… scusa: probabilmente mi sono arrabbiato perché sono… un po’ stanco”
“Solo tu, da stanco, riesci a pensare a caricarti di lavoro… “
Bruce sorrise. Già. Solo lui da stanco poteva ancora aver voglia di pensare al lavoro.
Si tolse la camicia, poi la maglietta. Nora si voltò proprio in quel momento. La vista di quell’uomo mezzo svestito le fece perdere la ragione. Accese lo stereo. C’era un CD dei Gotham Project, cercò una traccia in particolare. Mentre nella stanza risuonavano le note dell’ “Ultimo tango a Parigi”, gli si avvicinò da dietro. Fece scivolare le sue mani sul petto, lui gliele accarezzò. Iniziò a baciarlo sulle spalle e sul collo, poi Bruce si voltò verso di lei. Continuò ad accarezzargli il torso nudo, provando un grande piacere nel farlo, annusandolo, sentendo sotto le dita il tono presente ma non pietrificato dei suoi muscoli. Bruce chiuse gli occhi. Che piacere… che piacere intenso provava a sentire Nora così vicina, il suo respiro, il suo profumo, a prescindere dal suo tocco. Sentì che si avvicinava al suo orecchio, mentre le sue mani correvano leggere sulla pelle. Gli sussurrò:
“Lascia il lavoro fuori dalla porta, stasera…”
Mentre continuava ad accarezzarlo, lentamente gli slacciò il bottone dei jeans, e si inginocchiò. Bruce anticipò il piacere della bocca di lei con un brivido, continuando a tenere gli occhi chiusi, accarezzandole la testa.
E poi fu tatto, sapore, passione, sentire il piacere che saliva dall’inguine e percorreva tutto il corpo per poi esplodere nel petto, nella testa, mentre le note li avvolgevano trascinanti, ritmicamente sopra il letto, Bruce la strinse forte a sé, pregandola di non smettere mai…
“… di amarmi… così come fai ora…”
Nora imitò il suo amante, coprendolo di tanti piccoli baci, che lui corrispose, abbracciandola e carezzandola. Sotto il piumino il calore divenne atomico, mentre continuavano a scambiarsi effusioni per poi riprendere il rapporto. Nora e Bruce scoprirono un’energia che sorprese loro stessi ed abbandonarono il campo soltanto quando si resero conto che era notte fonda.

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IL BOSS E L’ ITALIANA – 13^ PARTE

Tredicesima parte del racconto scritto da Sharonlacorta.

Buona lettura e buon fine settimana.

Bruce si fece portare in città da Jon e poi, sotto un blando incognito, iniziò a girarla in lungo e largo, da solo. Pochi, anzi pochissimi accennarono a voltarsi e ad indicarlo, per poi scuotere la testa in diniego: no, non poteva essere lui, impossibile. Ebbe modo di apprezzarla e di capire come mai Nora amava quel posto. Mise in pratica il suggerimento e visitò per un lungo pomeriggio il Museo di Arte Moderna e Contemporanea, divenuto famoso a livello europeo. Vide, e Nora gliene aveva accennato, la pista ciclabile e constatò che per quel breve periodo di vacanza avrebbe potuto anche tenersi un po’ in forma correndo e andando in bicicletta lungo il fiume. Nel fare la strada di casa Jon si perse e passarono di fianco allo stadio. Uno stadio piccolo, che però bastò per risvegliare dentro di lui la voglia di suonare e possibilmente davanti a un assembramento di fans urlanti. Gli venne un’idea. Poi però mentre Jon cercava di orientarsi, parlando quasi da solo ad alta voce, Bruce capì che il capoluogo regionale era ad un tiro di schioppo da lì. Chiese a Jon di accompagnarlo. Arrivato in città, ormai a sera, cercò di capire dove potessero essere le strutture (stadio o palazzetto) che potessero potenzialmente accogliere un evento di una certa magnitudo. Jon fu di grande aiuto e dopo un’occhiata veloce allo stadio, decise di tornare verso casa di Nora.

Sotto il portico bussò alla porta d’ingresso. Gli aprì Evan.
“Nora sta facendo yoga…” gli disse sottovoce.
Bruce sorrise.
“Davvero? E’ in camera tua?”
“Già…” Evan fece strada piano e silenziosamente socchiuse la porta che comunque era solo accostata. Bruce rimase dapprima shockato. Dov’era finita la faccia della sua fidanzata??!! Poi si accorse che Nora stava praticando la posizione della candela. Lentamente cambiò l’appoggio delle mani sui fianchi e fece calare le gambe, formando un ponte. Poi, ancora lentamente appoggiò i lombi al tappetino, cambiò nuovamente la posizione delle mani, mettendole di fianco alle orecchie e si eresse nella posizione della ruota. Fu allora che lei lo vide.
“Oh! Ho quasi finito!”
Bruce uscì. Poteva davvero fare quelle cose? Incredibile…
“I bambini sono in casa?” chiese ad Evan.
“Sono di sopra a giocare… o a guardare un cartone, non so”
“Vado un momento da loro”
Passando di fianco alla cucina si accorse che il tavolo era apparecchiato… per tutti. Quella sera, per la prima volta, avrebbe avuto una sorta di reale esperienza “familiare” con lei e i suoi affetti e quelli di lei.
Fece capolino in una delle due camere dei bimbi e non trovò nessuno. Bambole, qualche orsetto di peluche… era la stanza di Emma. Provò nella stanza di fianco: un caos epico, macchinine (per lo più rotte), costruzioni, Chinook acciambellato sul tappeto e due creature, con lo sguardo calamitato dalla tv. Stavano guardando Topolino.
“Ehi ciao”
I bimbi si guardarono. Poi fecero un timido cenno di saluto.
“Guardate Topolino! Che bello. E vi piace? Cosa sta dicendo Topolino?”
I bimbi si guardarono ancora, poi lo guardarono perplessi: non avevano capito quel che Bruce aveva detto loro.
Bruce non si arrese.
“Già… la lingua, non ci avevo pensato”
Si chinò verso un mucchio di macchinine semi distrutte e mimò una specie di corsa con incidente e rumore inquietante di lamiere contorte… Andrea mollò Topolino istantaneamente e si fece coinvolgere nel tremendo incidente a catena che Bruce stava simulando. Emma li ignorava. Dopo una decina di minuti Nora arrivò.
“Ehi!! Che bello, giochi con i miei bimbi!”
“Perché, tu non lo fai?”
“Devo ammettere che lo faccio di rado. Ceniamo? E’ già quasi tutto pronto. Bimbi!! – strillò, anche se erano a meno di un metro – Pappa!!”
Stranamente silenziosi si sedettero a tavola. Senza chiedere nulla Nora iniziò a servire la cena dentro i piatti. Recuperò le ultime cose – acqua, un po’ di vino, parmigiano grattugiato, il pane – poi si sedette a tavola.
“Buon appetito!”
Bruce guardò nel piatto. Non aveva mai fatto lo schizzinoso in vita sua di fronte al cibo ma era quantomeno curioso… Due pallottole fumanti leggermente bitorzolute, della dimensione di due arance, lo fissavano dal brodo dentro il suo piatto. Nora stava spezzettando la stessa cosa nei piatti dei bimbi. La sua aria interrogativa suscitò in lei una leggera ilarità.
“In italiano si chiamano canederli. In tedesco knödel. Sono gnocchi di pane, con speck e cipolla… Assaggia, eretico: vedrai che ti piaceranno”
Evan, che aveva seguito con concentrazione scientifica la spiegazione di Nora si tuffò nel suo piatto, che in men che non si dica fu vuoto.
Tra una portata e l’altra, Bruce decise che dopo cena avrebbe cercato di esternare l’argomento concerti. Era leggermente timoroso, l’esperienza recente gli aveva insegnato che il suo impegnarsi per lavoro anche quando… non era proprio indispensabile, creava attriti.
Aveva già suonato in arene piccole. Ma gli piaceva da matti l’idea di suonare nel “cortile” di casa della sua nuova ragazza. Accipicchia. Anche il vino era buono…
Dopo cena Nora salì in camera dei bambini per metter loro il pigiama e passar del tempo con loro. Bruce ne approfittò per illustrare ad Evan il suo “piano”.
“Suonare qui?”
“Che te ne pare?”
“Papà… hai suonato in qualsiasi buco di posto in qualsiasi angolo del mondo… che differenza fa cosa penso io?”
Preoccupato Bruce gli chiese:
“Secondo te si arrabbia?”
Evan lo guardò.
“Alla mamma non l’avresti chiesto”
“La mamma è una professionista. Nora è una casalinga”
“Questo è vero. Però si ha comunque la sensazione che tu stia rispettando una più dell’altra”
“Ok. Allora faccio di testa mia”
“Come sempre papà. Come sempre”
Bruce si scocciò.
The Boss. Aveva sempre odiato quel nomignolo, ci si era suo malgrado abituato quando aveva notato che anche i suoi fans lo avevano entusiasticamente adottato. Ma il fatto di sentirsi accusato di essere prepotente come un principale lo metteva di cattivo umore.

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IL BOSS E L’ ITALIANA – 12^ PARTE

Eccoci alla fine del terzo mese del racconto Tutta un altra musica il Boss e l’ italiana scritto da Sharonlacorta.

Se qualcuno volesse contribuire mi mandi una mail.

Buona lettura.

Appena rientrati, Nora si fiondò su Giulia.
“Che hai fatto? L’hai cazziato??”
“Ah! Allora hai la coscienza sporca…”
“Gli ho soltanto detto di comportarsi come un buon padre di famiglia”
“Lui che ha risposto?”
“Ha detto: ‘Come un buon padre di famiglia no. Come un adultero sì’”
“Piantala, Giulia….”
“Sembra serio. Ma posso dire la mia un’ultima volta poi non dirò più niente?”
“Tutte le volte del mondo, amore”
“Quell’uomo non ti porterà all’altare”
“E’ un presagio, una minaccia…?”
“Una sensazione. Piuttosto chiara, peraltro. E’ strepitoso, avevi ragione – d’altronde si sapeva… – ma non ti sposerà”
“Ma in fondo ha importanza? Siamo pronti per il prepensionamento…”
“A parte che è anche una certezza perché tu sposata in chiesa, se divorzi, col cavolo che rivedi un altare, a parte quello della patria”
Nora rise.
“Porgerò i debiti omaggi ai caduti, allora… e sopporterò l’idea”
“Spiritosa… se questi sono gli argomenti della funzione credo che chiunque farebbe uno sforzo e sopporterebbe… Sei una cialtrona”
“Lo so – Nora abbracciò l’amica – ma ti amo più della mia vita!!”
“E sei anche bugiarda!” strillò Nora.

Il fine settimana volò via, armonicamente e venne anche il momento per Giulia di tornare a casa sua. Bruce volle ancora parlare con lei, prima che se ne andasse: era stanco e non sarebbe andato con le due donne ad accompagnare l’amica di Nora in stazione.
“Ehi” l’abbracciò affettuosamente.
“Mi è piaciuto moltissimo conoscerti, spero di vederti ancora”
“Anch’io… – fece Giulia – spero di vederti, e presto anche sul palcoscenico”
“Di questo si può parlare… A proposito: Nora mi ha detto che canti in un coro?”
“Veramente canto in tre cori, Nora è la solita smemorata imprecisa…”
“Una voce bianca mi piacerebbe aggiungerla… anche perché con la storia di Patti… non so che cambiamenti potrei dover apportare all’assetto della Band”
“No, dico: mi stai… OFFRENDO UN LAVORO??!”
“Ci sto pensando su… Ci incontriamo, ti faccio un provino… Che registro hai?”
“Alto! Altissimo!! Ma per cantare con te avrò tutti i registri che vuoi!!
Bruce rise. In certo qual modo l’entusiasmo delle sue fan ancora lo imbarazzava.
“Benone. Allora ci si organizza” Bruce abbracciò ancora la ragazza.
Giulia si staccò da lui e lo guardò.
“Mi raccomando. Trattamela bene”
“Sissignora”
Giulia e Nora salirono sul SUV, Jon alla guida, e si avviarono verso la stazione.

Quella domenica sera, dopo passeggiate nella neve, lotta a palle di neve – di rigore – biscotti e ancora un po’ di stufato e polenta, Nora, ancora indaffarata in cucina sentì suonare alla porta. Era Alessandro, che riportava i bambini.
“Come stai?” le chiese.
“Bene. Abbastanza. Com’è andata?”
Alessandro ignorò la sua domanda.
“Dov’è?”
Nora arrossì, abbassando gli occhi.
“Fuori. A portare Chinook a spasso”
Alessandro spinse dolcemente i bimbi dentro casa.
“Bacio a papà. Fate i bravi. Ci vediamo presto”
Si rivolse poi a Nora.
“Tutto bene, mangiato, dormito, giocato”
Fece una pausa.
“Avrai bisogno in settimana? Faccio il primo”
“Teoricamente no. Teresa va a prenderli all’asilo. Ma… se vuoi ti faccio un colpo”
“Sì… beh, sì. Magari un giorno o due. Anche attaccati al fine settimana”
“Ti telefono”
Alessandro si voltò senza salutarla. Nora chiuse la porta. Gridò all’indirizzo dei bambini:
“Via scarponi, giacche e tutti nudi! Bagnetto!!”

Notte. Le persiane lasciavano filtrare appena la luce dell’unico lampione dalla strada. Sotto il piumino faceva caldo. Nora non riusciva a dormire, però. Allungò una mano a toccare il corpo nudo di Bruce, che dormiva accanto a lei. Ma qualcosa la fermò. C’era… qualcosa che le impediva il passaggio… Rimase interdetta, poi finalmente capì. Andrea si era trascinato fino in camera sua e si era infilato nel letto, in mezzo a loro due! Passò sulla testa del bambino e andò a toccare Bruce sulla spalla, dolcemente, ma abbastanza forte da svegliarlo.
“Mmmh!! Cosa??”
Nora gli parlò sottovoce.
“Bruce… devi vestirti”
“mmm… perché… perché??”
“C’è Andrea in mezzo…”
“… chi…?”
“Andrea… Bruce sono Nora, svegliati…”
Bruce si voltò. Vide gli occhi di Nora brillare nel buio, sopra una testolina castana. Che russava.
“Oh cavolo”
Sgattaiolò fuori del piumino, rabbrividendo, entrò nel guardaroba, e accesa la luce cercò e indossò il pigiama. Nora lo raggiunse poco dopo.
“Scusa se ti ho svegliato…” lo baciò sulle labbra “Ma non mi pareva il caso che il bimbo si svegliasse domattina e ci trovasse nudi come due bruchi”
Bruce sorrise.
“Hai fatto benissimo. Torniamo a letto, ora”

Nora si alzò presto la mattina seguente. Si vestì, preparò velocemente la colazione per tutti, poi iniziò a svegliare e vestire i suoi figli per portarli all’asilo. Prima di uscire, passò in camera da letto. Bruce era ancora sotto il piumino.
“Io vado… ci sentiamo in giornata. Stasera parliamo un po’ di come possiamo organizzarci ora che siete qui”
“Cosa si fa in questo posto quando le donne con cui far l’amore non ci sono…?
“Si va al MART! Ti chiamo tra poco”
Bruce, grugnendo, tornò sotto il piumino.

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TUTT’ALTRA MUSICA – IL BOSS E L’ ITALIANA 11^ PARTE

La parte precedente del racconto di Sharonlacorta la trovate qui.

Vi ricordo che  accetto guest post quindi se avete voglia di scrivere qualsiasi cosa a tema Springsteen contattatemi.

“Buona questa marmellata…” Evan parlò con la bocca piena.
Nora sorrise.
“Come le fanno gli altoatesini non le fa nessuno… anzi no. Forse questa è austriaca…” prese il barattolo e leggendo i caratteri minuscoli a un metro e mezzo confermò:
“Sì, sì…”
Bruce rise.
“Ehi, donna! Sei più giovane di me e hai bisogno degli occhiali da lettura??”
Nora si rabbuiò scherzosamente.
“Vedrai tu… quando toccherà anche a te…”
“Oh ma a lui tocca già, sai?” precisò Evan.
“Massì???” chiese divertita Nora.
“Mi pareva che soltanto il povero Garry dovesse inforcare gli occhiali per vedere la tastiera del basso…”
“Figurati… papà è orbo come una talpa. Solo che non si arrende…”
Nora sorrise maliziosa.
“Che poi, l’occhialino da lettura fa così sexy…”
“Smettetela. Io ci vedo benissimo”
Evan sorrise.
“Ok papà…”

Capitolo IV

Il telefono di Nora squillò.
“Il mio treno è in orario, se vuoi saperlo”
“Benone! Ci mettiamo in macchina e veniamo alla stazione”
“Naaaaaa. Vieni già con lui?”
“E Evan”
“Naaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!! Si è portato un figlio dietro??”
“In realtà era pattuito….”
“Io sempre l’ultima a sapere le cose, vero?”
“Si chiamano sorprese, noiosa!”
“Siate puntuali, sai quanto detesti aspettare”
“Sissignora”

Nora relazionò Bruce sulla visita dell’amica. Bruce non se lo fece ripetere due volte: chiamò Jon al telefono e in un batter d’occhio il SUV nero si presentò a casa di lei.
Si recarono tutti alla stazione a prendere Giulia, il cui treno sarebbe appunto arrivato in orario. Il cantante fece girare poche teste: il paese non era molto grande e la gente non lo riconobbe, o se lo riconobbe pensò che non sarebbe stato plausibile che fosse lì, quindi continuò come se niente fosse. Cosa che a Bruce piacque parecchio.
Sulla banchina, non appena il treno si fu fermato, Nora cercò con lo sguardo tra i tanti passeggeri scesi, la sagoma familiare della sua amica. Finalmente la vide. Giulia le sorrise, mentre Nora le si fece incontro: Bruce, Evan e Jon rimasero in disparte.
“Eccoti!! Hai viaggiato bene?”
“Poche chiacchiere, Festi! Cosa ci fa così LONTANO??? Ha paura di essere morso?”
“Beh, poiché gli ho raccontato che tipo sei… sì!”
Si avvicinarono e ci fu uno scambio di convenevoli. Giulia sentì un fremito. Anche a lei Springsteen piaceva parecchio e benché fosse abituata per cultura e formazione morale a fare il Grillo Parlante dell’amica, non potè evitare di sentirsi anche lei percorrere da un brivido di emozione.
“Ecco, la mia amica mi ha parlato molto di te, al di là di quanto io potessi già sapere per conto mio ma… E’ davvero un piacere conoscerti!”
“Se è così allora sai già molto… Tendo a non raccontare i fatti miei alla stampa”
Bruce le strinse la mano con vigore.
“T’ha parlato di Evan?” La rockstar presentò il figlio a Giulia.
“Ma ciao. In compenso tu sei molto meglio dal vivo che in foto…”
Evan arrossì.
Si avviarono tutti in macchina e poi verso casa di Nora. Bruce ed Evan rimasero “isolati” per un po’: le due amiche quando si incontravano si lasciavano trascinare da chiacchierate torrenziali. Poi, una volta giunti a casa, finalmente i due uomini vennero “reintegrati” nella vita delle due donne.
Durante lo svolgersi della giornata, Giulia ebbe modo di avvicinarsi a Bruce.
“Allora, come si sta in Italia?”
In quel momento erano sul portico della casa di Nora, che dalla mezza montagna guardava sulla vallata sottostante.
Bruce sorrise.
“Sempre molto bene”
“Beh… se posso spezzare una lancia sei… capitato bene. Nora è un’ottima padrona di casa”
Bruce guardò lontano, verso il panorama in valle.
“E’ anche altre cose”
“Se fossi un’adolescente sbroccata lascerei che fosse l’invidia a parlare per me… ma non lo sono. Adolescente e sbroccata, intendo. Nora è la mia migliore amica, da tanti, tanti anni. Ci siamo conosciute in tempi non sospetti, sono stata la sua testimone di nozze e sono la madrina dei suoi figli. Io dovrei, e se devo essere sincera ho tentato, seppur con poca convinzione, di ridurla a più miti consigli, dicendole di lasciar perdere. Ma lei naturalmente non lo ha fatto, troppo un Leonaccio. Quindi ti dico: non ho ben capito che tipo di piega abbia preso questa storia, ma sarà meglio per te se la tratti coi guanti. Sarò… più dolce, ma ferma e chiara: se non sei sicuro di quello che fai, non metterti in mezzo, non farle sfasciare la sua famiglia. Anche se, a dire il vero, a questo credo riesca benissimo da sola”
Bruce mostrò un sorriso timido.
“Sei una persona molto diretta… Nora è fortunatissima ad avere un’amica come te. Ti assicuro che l’unica altra volta in cui sono stato così sicuro di quello che facevo è stata… quando ho sposato mia moglie. Con Patti non funziona purtroppo più come prima e ho deciso di compiere un’altra scelta: voglio condividere la mia vita con Nora. Le mie intenzioni sono serissime, se è questo che vuoi sapere…”
“Non vorrei averti offeso ma… Nora è… come posso dire. Trasfigurata. Se questa storia si rivelasse una bolla di sapone, se tutto prendesse un’impostazione… ‘consumistica’, sono sicura che ne morirebbe. Quel che intendo è questo: se dev’essere sport… ti prego: lasciala stare”
Bruce scosse la testa.
“Non è stato sport nemmeno la prima volta. Io… “
“Ok, questo mi basta. Rientriamo? Fa un freddo becco…(it’s beak cold!)”
“Subito…”

——-

Alla prossima settimana.

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IL BOSS E L’ITALIANA – 10^PARTE

Siamo arrivati alla decima parte del racconto Tutt’ altra musica, il Boss e l’ italiana scritto da Sharonlacorta.
Buona lettura.

Bruce aprì gli occhi. Era ancora impastato e nudo, sotto il caldissimo piumino foderato di bianco, sotto il quale aveva giaciuto la sera prima insieme a Nora. Allungò un braccio. Lei non c’era. Aveva la punta del naso gelata, dedusse quindi che si stava bene soltanto sotto il piumino. Come avrebbe fatto a saltar fuori dal letto e lavarsi e vestirsi senza morire di freddo…? Il profumo persistente della legna bruciata lo confortava: significava che Nora aveva acceso la stufa. Trovò il coraggio di aprire con un movimento secco le coltri e fece una corsetta nel bagno, dove si infilò nella doccia; fece scorrere l’acqua bollente. Indugiò parecchio sotto lo scroscio, per togliersi le ultime tracce di stanchezza dalle membra, per perpetuare in qualche modo la sensazione divina che aver unito il suo corpo a quello di Nora gli regalava e per scaldarsi per bene. Uscito dal box doccia si guardò intorno: fortunatamente il bagno era di gran lunga più riscaldato della camera da letto… Rubò un accappatoio, che doveva chiaramente appartenere a Nora. Ce n’era uno soltanto e sembrava… piccolo per lui. Si strofinò la testa, continuando a guardarsi intorno. Curioso. Sulla mensola sotto lo specchio c’era una sola bottiglia di profumo. Ed era da uomo. Avrebbe giurato di esser stato inebriato anche dal profumo di Nora, oltre che da mille altre cose. Annusò il forellino dello spray: era proprio quello che usava lei. Nora usava un profumo da uomo. Le donne, quella donna soprattutto, non finivano mai di sorprenderlo.
Aprì la valigia e tirò fuori calzoni, maglia intima e camicia di flanella e si vestì. Mentre si infilava le calze e gli stivali constatò che la casa era avvolta nel silenzio. L’assenza dei bambini spiegava solo parzialmente la quiete acustica di quelle stanze, si chiese se non fosse stato lasciato da solo a soddisfare il suo bisogno di riposo. Scese piano le scale (che non scricchiolarono) e arrivò nel soggiorno. Si sporse appena nella cucina. Nora non lo vide, lui invece la colse in un momento “creativo”: era infarinata fino ai gomiti ed impastava una palla gialla che profumava di limone. Mostrava una discreta perizia nel lavorare la pasta, e andò avanti ad impastare ancora per una diecina di minuti. Bruce si sedette sugli ultimi scalini, stette a guardarla. Chissà cosa stava preparando… Una massaia. Si era innamorato di una massaia. Appassionata, dalla forte personalità ma… che soffiava sotto il suo fuoco, facendolo comunque sentire come piaceva a lui: un uomo su di un piedistallo. Si era sorpreso lui stesso, esteta quasi maniacale, ad affondare le dita nei suoi fianchi generosi, a percepire il morbido ventre di lei contro il suo, a constatare quanto ci fosse da abbracciare in quella straniera non certo filiforme. E non se lo spiegava. Ma ci stava diventando matto. Stare lì, ad osservarla mentre lavorava in cucina, pensando a tutto ciò che di lei gli piaceva e destava il suo interesse, gli portò la mente a “She’s got a way”, la bella canzone di Billy Joel. Nora diede la forma di un panetto alla pasta che ora appariva – anche da lì – liscia, poi prese un sacchetto trasparente, ce lo mise dentro, e si avvicinò ad una macchinetta che accese: fece un rumore infernale. Nora aveva messo l’impasto sottovuoto. Aprì la porta del frigo e ce lo mise dentro. Si lavò le mani nel lavandino, si asciugò, poi ripulì il piano di lavoro e mise a posto. Bruce continuava a guardarla, non riuscendo a decidersi a palesarsi. La vide apparecchiare la tavola per tre colazioni. Dunque non aveva ancora mangiato ed Evan evidentemente dormiva ancora. Aveva fame e le sue mani avevano voglia di toccarla. Si alzò dai gradini e bussò leggermente allo stipite della porta della cucina.
Nora alzò la testa.
“Ciao! Ti sei svegliato…”
Bruce la raggiunse subito e l’abbracciò e baciò sulle labbra.
“Ciao… da un pezzo, in realtà”
“Avrai fame… aspettiamo Evan? O vuoi buttar giù almeno un caffè?”
Alla parola fame Bruce sentì lo stomaco rivoltarsi in segno di protesta.
“Vorrei aspettare Evan, ma un caffè ci sta tutto – rispose – Che stavi preparando?” chiese, indicando il frigo in cui Nora aveva appena riposto l’impasto.
“Ah, mi stavi spiando?? E’ pasta frolla. I miei biscotti erano piaciuti così tanto a tuo figlio che ho pensato di riprepararli stasera, insieme ad una crostata”.
“I… tuoi biscotti? Tu fai i biscotti?”
“Semplici biscotti di pastafrolla, niente di che… una mia prozia altoatesina ne faceva alla moda tedesca di straordinari, con cannella e glassa di zucchero sopra…”
Bruce scosse la testa, incredulo. Una massaia, a tutto tondo. Sorrise.
“Il cibo… il cibo ha una grande importanza per te”
“Vero, – disse lei, sbocconcellando un pezzo di pane preparato in un cestino per la colazione – ognuno ha il suo campo: tu sei creativo scrivendo canzoni, io sono creativa in cucina…”
Fece funzionare la macchinetta del caffè e ne preparò due.
“Ecco qui. Hai dormito bene?”
“Meravigliosamente… Fa… fresco in camera da letto…” rispose Bruce.
Nora rise.
“No Bruce… non fa fresco. Fa freddo. Il riscaldamento è spento e il tepore che può esserci è soltanto quello della ole qui al piano di sotto. Io poi tengo sempre uno spiraglio di finestra aperta…”
“Sei pazza?? Col freddo che faceva ieri!”
“Sempre, caro. Dormire al freddo è più sano!”
“Tutti uguali… – borbottò tra sé e sé – Pazzi, molto pazzi…” continuò in italiano.
Nora rise.
“Questa è nota!! Ci hanno fatto pure un gruppo su Facebook…”
Vuotata la tazzina e lasciatala sul tavolo, Bruce disse:
“Vado a svegliare Evan”
“Non ci corre dietro nessuno, lascialo dormire…” tentò di fermarlo Nora
“Ho fame…” rispose Bruce, avviandosi a grandi passi verso la stanza dello yoga/camera degli ospiti dove dormiva il figlio.
Entrò piano nella stanzetta. Il letto era completamente disfatto ed Evan stava proprio svegliandosi in quel momento. Ancora a pancia in giù, ancora con la faccia nel cuscino, salutò il padre sulla soglia.
“Ehi…” biascicò.
Bruce si sedette sulla sponda del letto.
“Muoviti a vestirti, ragazzo: ho fame e Nora vuole aspettare anche te per fare colazione”
“mhh… Ci sono i biscotti di ieri?”
“Quali biscotti…?” Bruce guardò Nora, appoggiata allo stipite della porta che sorrideva infingarda.
“Il ragazzo ha buon gusto…”
“Quei biscotti?! Maledetto, li hai già provati…”
“Vado a scaldare acqua e latte…” fece Nora, allontanandosi per tornare in cucina.
“Sei riuscito a dormire bene, vedo”
“Mh, sì. Fa freddo in questo posto però… si sta bene, non so come dire”
“Dormire al freddo è più sano!” pontificò Bruce, imitando l’accento italiano.
Evan si mise a sedere sul letto.
“Papà… ho parlato con lei ieri sera”
Bruce diventò subito serio.
“Ah sì?” ostentò un disinteressato distacco: in realtà paventava di sentire i risultati di quella conversazione.
“E’ una donna normale… “
“Mh”
“Ma è così diversa dalla mamma che credo di capire perché ti sia piaciuta così tanto”
Bruce tirò dentro di sé un sospiro di sollievo. Almeno un elemento della famiglia non gli sarebbe stato ostile per la sua storia. Beh, non del tutto almeno.
“Onestamente? Non saprei spiegartelo nemmeno io. Si percepisce in lei una grande energia ma… è tutto sotto la cenere, come un vulcano spento. Senti che ha grandi potenzialità ma non è… prevaricatrice o invadente”
“Poi sa cucinare i biscotti e ieri sera mi ha fatto il grano cotto ed era strano ma buonissimo… E poi aveva preparato una carne buonissima e… oh, fattelo spiegare da lei: è un’artista a dirti in modo semplice le procedure più complicate di cottura di un cibo!”
“Lo so, ho già provato…” Bruce sorrise, pensando alla loro serata al ristorante dopo il concerto e dopo la festa di quell’estate.
Bruce si guardò le mani.
“Evan, io ho amato tua madre più di chiunque altro in vita mia. Ma il rapporto che ti lega ad una persona cambia negli anni e quello che legava lei a me è stato forse… troppo sfruttato. Nora è stata… una boccata d’aria fresca. Ti assicuro che, nonostante la sbandata presa quest’estate non confidavo più di tanto nel permanere di un sentimento. Invece… invece è successo, lei mi è mancata ogni giorno di più fino a quando finalmente l’ho rivista, ieri. Ieri ho avuto la conferma che non riuscirei più a stare con la mamma. Mi dispiace… “
“Beh… mi piace vederti sereno. Mi piaceva di più vederti sereno vicino alla mamma ma negli ultimi anni ho percepito non poche ruggini. Credo che prima o poi sarebbe successo, con Nora, senza di lei o con qualcun’altra al suo posto”
Bruce sentì una fitta al cuore. Evan aveva ragione.
“Facciamo onore a questa colazione italiana?” diede una benevola pacca sulla schiena di suo figlio.

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IL BOSS E L’ ITALIANA – 9^ PARTE

Siamo arrivati alla nona puntata del racconto di Sharonlacorta.

Che ne dite, vi piace?  Vi fa schifo e la finisco subito?

Che modo curioso aveva, di fare l’amore, pensò Nora. Era molto dolce, tutto fatto di carezze, movimenti lenti, e baci, un flusso costante, inarrestabile di baci sulla bocca. E poi scendeva sotto la cintola e faceva quella cosa lì, con naturalezza, trasporto, gradimento, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come bere un bicchiere d’acqua, lavarsi le mani, fare una telefonata. E poi tornava su e continuava con le sue carezze, i suoi movimenti lenti, e anche il suo andare e venire dentro di lei era morbido, costante, instancabile. Era silenzioso, fatto salvo per qualche mugugno, più un sospiro sonoro a labbra chiuse, e qualche parola sottovoce, proferita più nel collo che nell’orecchio. E quando poi lasciava che tutto l’amore del mondo fluisse dentro di lei chiudeva gli occhi, socchiudeva la bocca ed esalava un sospiro, lievemente sonoro, per poi poggiare la fronte sul cuscino di fianco al suo viso, riposarsi un momento, uscire da lei e tornare ad abbracciarla, quasi per fugare il timore che lei avrebbe potuto avere di sentirsi abbandonata.

Quella sera sentì che l’abbraccio lentamente si ammorbidiva e si allentava… Bruce si stava addormentando. Il viaggio, il fuso orario… Nora non si sorprese. Leggermente affamata e un po’ nervosa, si liberò dal dolce abbraccio del suo celebre amante e sgusciò fuori dal letto. Lo ricoprì col piumino, e rimase un momento a guardarlo. Bruce Springsteen nel suo letto, nella sua casa. Un amante davvero interessante, specialmente per aver passato da un po’ la boa dei sessanta. Sorrise lievemente, scuotendo la testa, si vestì alla bell’e meglio e scese di sotto.
Trovò Evan seduto sul divano, in tuta, che faceva zapping sul satellite. Gli sorrise.
“Vedo che il fuso orario non ti ha stravolto come tuo padre…” si versò una tazza di tè, prese un biscotto.
Evan restituì il sorriso.
“Papà è vecchietto… Si fa un bel training per i concerti, ma un semplice viaggio in aereo lo stronca. Poi se tu gli dai il colpo di grazia…”
Nora arrossì violentemente. Beh, d’altronde il ragazzo aveva più di vent’anni, certo non gli raccontavano più la storia delle api e dei fiori da un pezzo.
“Hai fame? Vuoi qualcosa di più di una merenda?”
“Ho saccheggiato i biscotti… Erano eccellenti”
“Li ho fatti io. Questo fine settimana ne possiamo fare degli altri”
Indicò lo schermo della tv.
“Hai trovato qualcosa di interessante?”
“Sì, il fatto che c’è il doppio audio quasi su ogni canale…”
“Hai aperto il divano letto? Sei a posto?”
“Mh… no. Mi fai vedere come si fa, perfavore?”
“Vieni”
Nora lo accompagnò nella stanzetta dello yoga, e aprì il divano letto. Il letto era già fatto: Nora sapeva che Bruce avrebbe portato suo figlio con sé. Aprì l’armadio e tirò fuori il piumino, che era già vestito del copri piumino. Lo mise sul letto e lo rincalzò.
“Ecco fatto. Evan… senti, posso parlarti un attimo?”
Il ragazzo la seguì in salotto.
Si sedettero sui bei divani rossicci e Nora si avvolse in una delle coperte.
“Mh… non so nemmeno cosa dirti o come dirtelo di preciso…”
Evan sorrise, leggermente triste.
“Non devi sforzarti. Sono un adulto, e mio padre è un personaggio pubblico. Tante volte gli hanno attribuito storie adulterine che non erano vere. Questa volta nessuno ha detto nulla… tranne lui. E’ chiaro che non sono contento, men che meno per mia madre. Ma una cosa che apprezzo di mio padre è il suo non voler sconvolgere tutto per il suo piacere. Non so cosa ti abbia detto finora, ma a noi tre non ha parlato di volersi risposare. Credo che si separerà dalla mamma, ma lei è una donna molto intelligente e non credo che gli causerà delle rogne. E’ piuttosto scocciata, questo credo che lo possa immaginare anche tu.”
“Anche mio marito non è molto contento… Ma per me il problema grosso sono i bambini, hai visto quanto sono piccoli. Con questo non voglio sminuire o sottovalutare la fatica con cui voi ragazzi vi troverete a elaborare il vostro disagio… però… forse riuscite a farvene più una ragione”
Evan annuì.
“Infatti. Ma io ho rotto le palle a papà finché non mi ha portato qui con sé. Io volevo vedere di persona quale donna più fantastica di mamma fosse riuscita a fargli perdere la testa. Ora che ti ho conosciuta so che non è quello che cercava. Nessuno di noi ha in casa un atteggiamento divistico, ma papà aveva bisogno di un alto tasso di normalità”
Nora sorrise, gli occhi bassi.
“E’ quello che ho pensato anch’io. Con tutte le belle donne che gli hanno ronzato e gli ronzano intorno, pensare di essere… la prescelta… mi sconvolge ancora adesso”
“Ti dirò… – fece Evan – se fossi stata alta, bionda e della mia età probabilmente mi sarei infuriato..:”
“E se fossi stata tua madre mi sarei incavolata pure io…”
“Senti… a proposito di quell’offerta di mangiare…”
Nora sorrise e saltò fuori dalla coperta.
“Vieni con me in cucina. Ti preparo la cena”

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IL BOSS E L’ ITALIANA – 8^ PARTE

Puntata numero 8 del racconto scritto da Sharonlacorta.

Fece varcare la soglia ai suoi ospiti. I quali si ritrovarono in un soggiorno completamente perlinato, con divani di pelle di bufalo, coperte buttate sopra a casaccio ed una grande stufa di maiolica chiara che dominava la stanza. L’aria profumava di arancio, cannella e chiodo di garofano, e un vassoio con tazze, tè e cioccolata e qualche biscotto era appoggiato su un tavolino di fronte ai divani. Caldo e profumo… Bruce fu travolto da una sensazione di infinito benessere.
“Oh Nora… è carinissimo qui…”
Nora sorrise, visibilmente soddisfatta.
“Non mi lamento”
D’un tratto si sentì un pesante scalpiccio provenire dalle scale. I figli di Nora scesero come una valanga verso valle.
“Questi sono i miei gioielli… Emma e Andrea”
I piccoli arrossirono leggermente, sorridendo agli ospiti, poi scomparvero.
“Poco casino e mettete a posto i vostri giochi!!!” gli urlò dietro Nora.
“Tuo… marito dov’è?”
“Dai suoi. Non tarderà a venire: prende i bimbi con sé”
Bruce si fece serio, abbassò lo sguardo lievemente addolorato.
“Come stanno le cose?”
Nora nel frattempo fece cenno loro di sedersi. Servì una tazza di tè a Bruce e a se stessa e la cioccolata a Evan.
“Insomma… Diciamo che abbiamo avuto tempi migliori. Però, in considerazione di una certa fiducia l’uno nell’altra c’è una lieve propensione all’idea delle ferie… all’estero”
Un lieve bussare alla porta distolse l’attenzione di tutti dalla conversazione.
Bruce disse:
“Dev’essere Jon. Le nostre valigie…”
Nora aprì la porta e fece entrare il tuttofare.
“Vieni Evan – fece lei, facendo strada al ragazzo che si stava portando la sua valigia – ecco qui. Questa è la tua stanza. E’ leggermente… spoglia, ma c’è comunque tutto ciò di cui puoi avere bisogno: qui di fianco alla porta c’è l’armadio e il divano diventa un comodo letto, vicino c’è l’interruttore del faretto. Non c’è altro perché… oltre ad essere camera degli ospiti questa è la mia stanza dello yoga”
Il profumo di arancio, cannella e chiodo di garofano si trasformava infatti in incenso Nag Champa, oltre quella porta e sulla parete sopra il divano campeggiava un enorme poster con tutte le 908 posture dello yoga. Sulla parte a fianco un altro poster più piccolo con la sequenza del saluto al sole e sotto una panchetta in legno con il porta incensi, un piccolo lettore cd e i libri della disciplina. Quello che sembrava uno scendiletto era in realtà il materassino di Nora e sopra ad esso un cuscinetto con un ricamo rappresentante il simbolo “Om”. Nora spostò il tutto e lo ripose nell’armadio dal quale tirò fuori un “vero” scendiletto.
Evan la ringraziò.
“Se non ti dispiace mi cambio… Sono così ancora da casa, è stato un viaggio lungo”
“Fa’ come se fossi a casa tua” rispose Nora.
Lei e Bruce uscirono dalla stanza. Lui la guardava come se si fosse trovato davanti una persona che non conosceva.
“Fai yoga… vivi in una specie di chalet e hai un cane…”
“Vedi cosa succede a voler tener botta ai colpi di fulmine…?” chiese lei sorridendo.
“Finisci per non riconoscere la persona per cui hai perso la testa”
“Io dove dormo…?” chiese Bruce, la voce quasi un sussurro, eppure sempre carica di quella sua roca sensualità.
“Fuori. Con Chinook” fu la pronta risposta di Nora.
Bruce scoppiò a ridere, lievemente preoccupato. Nora lo portò su per le scale. Aprì la porta della sua camera da letto. Ancora legno, pareti, pavimento, soffitto, legno naturale nel cassettone, un letto grande, in ferro battuto, con la biancheria bianca. Un nido semplice ma incantevole. Nora aprì la porta di fianco al letto: conduceva al guardaroba e attraverso quello, al bagno.
“Puoi lasciare qui la valigia, se vuoi. La disfi domani?”
Bruce non le rispose. La tirò verso di sé e la baciò con trasporto, accarezzandole il corpo dalle spalle fin sotto i glutei.
“Finalmente… – mormorò – non ne potevo più: ho aspettato questo momento da quando sono salito sull’aereo, cinque mesi fa”
Nora gli sorrise.
“Sono molto contenta che siate venuti”
Nora sentì il cellulare vibrare nella tasca posteriore dei pantaloni. Lo tirò fuori e guardò il display.
“E’ Alessandro. E’ arrivato. Aspettami qui, per piacere. Gli lascio i bambini poi torno da te”
Bruce sentì Nora che andava in una delle altre stanze che aveva intravvisto al piano, quando erano saliti. Sentì la sua voce mentre – presumibilmente – chiedeva ai bimbi di lasciare i loro giochi e di mettersi i giacconi e gli scarponi, che papà era arrivato. Si sentì in colpa per aver causato quello scompiglio. Ma il senso di colpa sfumò quasi immediatamente al pensiero del suo corpo avvinghiato a quello di lei in quella stanza tutta di legno, in quel delizioso letto di ferro battuto, con la biancheria bianca e l’odore di legna bruciata e di arancio, cannella e chiodi di garofano che riempiva l’aria anche lassù.
Sentì Nora e i bimbi scendere le scale. Non volle guardare, sentì ancora Nora che parlamentava probabilmente col marito, sulla soglia. Poi sentì la porta chiudersi.
Nora impiegò un po’ a risalire in camera. E quando Bruce la vide si accorse che aveva gli occhi lucidi. La strinse ancora a sé.
“Dai… ti prego, non fare così. Vedrai come staremo bene l’estate prossima, con anche loro insieme a noi”
“Lo so, ma non è quello… – ribattè piagnucolando – E’ che ti guardano e ti baciano… e lo fanno come se… come se… sono sempre così affettuosi! Ignari del casino che sto montando intorno a loro!”
“Calmati… – l’incoraggiò Bruce – vedrai che saprai mantenere un profilo alto con loro e loro non sentiranno la tua mancanza e non ti rimprovereranno per nulla”
“Salvo per il fatto che li porto via al padre per l’unico periodo dell’anno in cui potrebbero stare tutto il tempo con lui”
“Restano le feste di Natale”
Nora lo guardò.
“Uff… Andiamo a bere il tè?”
Bruce le si avvicinò.
“Mmhh… non credo…”
La mano di lui corse sulla sua schiena, dal collo verso il basso, poi risalì, da sotto il maglione. Rimase con la bocca socchiusa, vicino alle sue labbra, carezzandole la gota con la punta delle dita. Si fece ancora più vicino, finché i suoi lombi toccarono quelli di lei. Nora si accorse che era… piuttosto felice di essere lì. Sentì il suo profumo, il suo fiato stentatamente rallentato e tiepido contro il suo viso. Poi, lentamente ma decisamente Bruce infilò la lingua nella bocca di lei, aprendogliela e muovendola dentro, all’inseguimento della sua. Nora circondò le spalle dell’uomo e lui, col solito colpetto di calcagno, chiuse la porta dietro di sé e la spinse su quel grande, morbido letto dalla biancheria bianca.

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IL BOSS E L’ ITALIANA – 7^ PARTE

Qualche commento? Idee su come finirà il racconto di Sharonlacorta?

Capitolo III

Nora fece il numero. Dall’altra parte udì il segnale della linea libera. Dopo un secondo una voce femminile, senza salutarla, le disse:
“No, dico, cosa stavi aspettando?!”
“Ciao tesoro”
“Tesoro?! Tesoro una pippa! Allora? Racconta com’è stato!!!”
“Beh Giulia… Giulia… Giulia. E’ andata oltre qualsiasi più rosea aspettativa…”
“Noooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!! Lo sapevo, mannaggia!!”
“L’ho incontrato”
“COOSAA??”
“Al party post concerto. L’ho incontrato”
“Ohsssignoresvegliamichestosognandooooo!!!!!!! Com’è? Com’è????”
“L’ho incontrato. L’ho portato a cena. L’ho riaccompagnato in albergo”
“Tu hai fatto… COSA? Aspetta, cosa stai per dirmi, Festi?”
“Giulia, ho peccato”
“Non ci credo”
“Sì. Ho peccato ed è stato il peccato carnale più appassionante della mia vita”
“Sei pentita? Se sì, è giusto così. Se no, pentiti ma solo dopo avermi raccontato TUTTO…”
“Dell’atto in se stesso? Neanche per sogno. Delle implicazioni future? Sono terrorizzata”
“IMPLICAZIONI FUTURE?? Quando cazzo torni a Milano??? Tu ed io dobbiamo fare un discorsetto!”
“E’ ripartito, ma vuole che ci rincontriamo. Vuole organizzare la… gestione dei miei bimbi: io con loro nove mesi qui e gli altri negli States, con lui”
“Festi, svegliati. E smetti per un secondo di ragionare con la gnocca e usa la testa. Te l’ha messo per iscritto che ti richiamerà? Che ti verrà a trovare? Che ti pagherà un biglietto per andarlo a trovare? Non credo proprio. Quindi torna sulla terra, vai dal prete, confessati e torna dalla tua famiglia”
“Ho parlato con Alessandro ieri. Inizia a fare le valigie nel fine settimana: torna dai suoi”
“No, no, no… Dico ma non vi sembra affrettato?? Ma gli hai parlato di Bruce?”
“Non esattamente. Gli ho detto che… ho avuto un’avventura e che secondo me è il segnale e la conferma che le cose tra noi non vanno”
“Madonnina. Però Nora… sei fuori di testa. Se non fosse stato per Bruce, avresti continuato ‘seduta’ sulla tua condizione di moglie infelice e madre strinata. Sono un po’ delusa, se devo essere sincera”
“Immaginavo che lo saresti stata. Ma io ti rispetto. Sei la mia amica, la mia migliore amica e a te non ho mai nascosto nulla. Non avrei mai potuto, non potrei. Mi sento… una schifezza”
“Emmenomale” Giulia fece un lungo sospiro.
“Racconta. Com’è stato?”
“E’ un uomo fantastico. Il modo in cui parla, si muove, ti guarda, ti tocca…”
“Alt! Vedi di non entrare in quei particolari che io m’imbarazzo”
“No, no… – sorrise Nora – non lo farei. Però… sul generico ci sto: fa l’amore in un modo… fantastico”
“L’hai già detto”
“Non è vero”
“Che è fantastico l’hai già detto”
“Noiosa…”
“Continua…”
“La voce, Giulia… la voce, anche quando parla… normalmente o a letto… è fantastica”
“Dagli! Rinnova gli aggettivi, altrimenti ti metto giù il telefono”
“Vuoi un difetto?”
“Scommetto che ha le doppie punte…”
“Ha le mani piccole…”
“Per suonar la chitarra vanno benissimo”
“Oh!! Anche per molte altre cose…”
“Smettila!! Se continui così sarà costretta a venirti a trovare..”
“Mi pare un’ottima idea”
“Quando vengo?”

Erano le quattro del pomeriggio e il cielo volgeva già al blu scuro. Per il giorno successivo era prevista un’altra forte nevicata, ma in quel momento l’aria era limpida e freddissima e presto la volta nera sarebbe stata piena di stelle.
Sull’erta salita che portava a casa di Nora c’erano grandi mucchi di neve, ai lati della strada. Lei era sul portico, la figura scura che si stagliava contro le finestre illuminate del soggiorno, le braccia conserte, stretta nel suo corpo avvolto da un mega maglione dal filato grosso. Sbuffava vapore e, non vedendo nessuno, iniziò a incamminarsi giù dalla discesa. In quel momento intravvide il SUV nero fare capolino da dietro la curva. Segnalò di lasciare l’auto nello spiazzo lì vicino. Il passeggero sul sedile anteriore aprì la portiera e Nora vide che era lui. Si fermò un attimo a parlare con l’autista – lo stesso dell’altra volta – poi scese. Dietro di lui, in uscita dalla parte del sedile posteriore, un altro passeggero, magro e alto.
Bruce s’incamminò per la salita, quella sua andatura leggermente caracollante. Era avvolto in un giaccone pesante, ma sotto la divisa era la solita: jeans e stivali. L’altra persona gli si accostò: Nora ebbe l’impressione che fosse piuttosto giovane.
Chinook, il suo cane, arrivò di corsa, dopo aver attraversato tutto il giardino ed iniziò a saltarle intorno. Nora lo invitò a star buono e lo portò verso il portico.
Bruce si fermò, a pochi centimetri da lei. Nora, leggermente intirizzita e spettinata, lo guardava con un sorriso tenero. La abbracciò stretta e stettero così, per qualche minuto.
Bruce, con gli occhi chiusi, le mormorò:
“Quanto mi sei mancata…”
Poi si staccò da lei, e con un gesto di accoglienza fece avvicinare l’altra persona.
“Mi sono permesso di portare mio figlio Evan con me, Evan questa è Nora”
Il ragazzo strinse la mano della donna, un sorriso rigido gli ruppe il viso.
“Venite dentro, ho preparato tè e cioccolata. Ha fatto molto freddo oggi ma stanotte e domani nevicherà quindi… andrà meglio”
Nora li condusse dentro casa. Chinook intuì chi, oltre a Nora, poteva dargli retta e iniziò ad annusare Evan, scodinzolando. Evan, lievemente timoroso, gli accarezzò la testona bianca.
“E’ bellissimo… “
“Ti ringrazio… Chinook è un cane estremamente espansivo… ma è buono. Ci tengo sempre a dirlo, perché grande com’è incute sempre un certo timore”
“Come hai detto che si chiama?” chiese il ragazzo.
“Chinook”
“E’ il nome di un popolo di Nativi Americani…” fece Bruce.
“Di stanza nella zona di Seattle. Chinook è un cane abituato al freddo, è un Siberian Husky. Per questo gli ho dato il nome di un popolo che viveva al nord”

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TUTTA UN’ALTRA MUSICA – IL BOSS E L’ ITALIANA 6^ PARTE

Siamo già alla sesta settimana del racconto di Sharonlacorta.  Qualche commento?  La puntata precedente è qua.

All’aeroporto, dopo aver firmato qualche autografo, Bruce si riunì alla band. Steve li salutò, senza riferimenti esagerati alla loro piccola fuga.
“Ehi! Avete fatto in tempo, bravi! Tutto ok, man?”
“Potrebbe andare meglio”
Nora salutò Steve.
“Ehi! Pirata! Vai a fare il pelandrone a casa????”
“Non vedo l’ora, piccola!”
Bruce prese Nora e la portò in un posto più appartato.
“Mi sembra incredibile, eppure non riesco a trovare le parole per esprimere come mi sento adesso…”
La abbracciò stretta a sé.
“Non vorrei partire… non voglio lasciarti, non così”
Nora, in un’inconsueta fase consolatoria, gli diede piccole pacche sulle spalle.
“Dai, è per il momento. Vediamo di far calmare questa bufera, riconsidereremo la situazione a bocce ferme e vedrai che sarà tutto più semplice.”
Bruce la baciò ancora e ancora, piccoli baci adesivi sulla bocca, e la stringeva come fosse un’adolescente che era appena stata delusa dall’infatuazione del momento. Si sentiva a pezzi e aveva la sensazione di esserlo molto più di lei.
“Prometti che ci penserai. Prometti che non approfitterai della lontananza e del tempo che scorre per far passare tutto in cavalleria”
Nora lo guardò e sorrise.
“Stai tranquillo, non succederà. Fammi tornare a casa, fammi parlare con la mia famiglia, con mio marito. E poi ho voglia di starmene un po’ nel mio nido, in montagna, nella mia stanza dello yoga, vicino alla mia stufa, sentire l’odore della prima legna che arde… L’autunno è alle porte, non vedo l’ora che arrivi il freddo… Questo è il mio numero di telefono – gli porse un foglietto – è sempre acceso: se trovi la segreteria o sto parlando o ti sei incasinato con il fuso e quindi è spento perché è notte, altrimenti sono raggiungibile sempre. Chiamami”
Bruce prese il foglietto, tirò fuori subito dalle tasche posteriori dei jeans il cellulare e lo memorizzò immediatamente.
“Lo farò appena avrò il segnale e tutte le volte che ti avrò in mente. Prenditi il bluetooth, quindi: ti terrò al telefono un’eternità”
Nora sorrise.
“Che piacevole regresso all’adolescenza..”
Il volo di Bruce venne chiamato.
L’uomo si tolse gli occhiali. Nora venne pervasa da brividi, nel guardare quel meraviglioso, normale volto segnato dal tempo, gli occhi scuri leggermente tristi, nel sentire il respiro di lui che si trasformava nel sospiro di insofferenza di chi non vuole adeguarsi alla contingenza. Bruce la strinse ancora, forte a sé, la baciò, prima solo labbra contro labbra e poi in un bacio più profondo, poi infilò il viso nel suo collo e poi tornò a stamparle sulle labbra tanti morbidi baci fitti. Nora sentì il bruciore delle lacrime avvamparle negli occhi e con le mani nelle mani, la voce piccola, gli disse:
“Comunque vada… è stato bellissimo”
Bruce non rispose. La baciò ancora poi si rimise gli occhiali scuri e, di colpo, si allontanò.
Nora iniziò ad annaspare. Le mancava l’aria. Un improvviso nodo allo stomaco le fece salire un singhiozzo, poi le lacrime iniziarono a scendere copiose. Non voleva singhiozzare all’aeroporto, in mezzo alla gente, come una ragazzina.
Bruce non si voltò. Cos’era successo, cos’aveva combinato? Lei moglie e madre, aveva coinvolto un uomo sposato con figli in una storia. Corse in bagno, dove potè, sebbene non completamente a suo agio, abbandonarsi al pianto dirotto ed ai singhiozzi.
Cercò di asciugarsi il viso ma si accorse di non avere fazzoletti. Come al solito! Quando ti servono non li hai mai! Mai quando hai il moccio che fa la candela, mai quando hai un bambino sporco di cioccolata fino ai capelli…
Si passò una mano sulle guance e… si accorse che il profumo del dopobarba di Bruce le era rimasto attaccato alla pelle. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente col naso… inebriata.
Mentre stava per uscire dal bagno, con lo stomaco ancora sottosopra, il telefono squillò. Era lui.
Sorrise, aprendo la comunicazione.
“Che succede? Ci sono i dirottatori…?”
“No senti… quella cosa che hai detto prima della casa. Hai parlato di montagne?”
“Sì”
“Non ci sono montagne qui”
“Infatti io non vivo qui. Ci vivono i miei genitori”
“Dove si trova la tua casa?”
“Mandami il tuo email con un sms. Ti scrivo quando arrivo, ok? Così te lo faccio vedere in foto”
“Chiamami presto”
“Meglio che lo fai tu… tra viaggio e fuso… non so quando sarai di nuovo reperibile”
“Sei… magica”
“Che sete di normalità che hai…”
“Anche di tante altre cose…”
“Ehi! Sporcaccione, non sono più abituata a questo genere di battute!”
“In effetti sembravi molto più propensa ai fatti, ieri sera…”
“Gesù, non farmici pensare… Se ci ripenso mi vergogno tanto da correre in chiesa a confessarmi…”
Bruce rise.
“Sei un amore! Stai accorta”
“Lo farò”
“Ciao”
Bruce chiuse, senza aspettare una replica.
Nora guardò il lungo numero sul cellulare. Opzioni, salva, Springsteen, Bruce, Salva? Sì. Chiamò il servizio clienti del provider e fece “aprire” il numero per il ricevimento degli sms anche oltreoceano. Poi si avviò verso l’uscita.

Dopo molte ore, giunse a casa. Scese dall’auto, scaricò la sua roba e passò dalle scale interne del garage all’ingresso. I bimbi le si fecero incontro, chiassosi e felci di vederla. Suo marito la salutò con un mugugno.
“Ti abbiamo persa di vista, dopo il concerto. Dove eri finita?”
“Dobbiamo parlare” rispose Nora.

Alla prossima settimana.

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TUTTA UN’ ALTRA MUSICA – IL BOSS E L’ ITALIANA 5^ PARTE

Quinta parte del racconto di Sharonlacorta, la precedente la trovate qui.

Commenti?  Vi piace, vi fa schifo?  Meglio se la finiamo qui?  O siete curiosi di vedere come va a finire?

Vi ricordo questo post.

Nora gli rispose sopra pensiero.
“57 channels and nothin on…”
Bruce trovò un paio di jeans, una camicia bianca, calze, tornò in bagno, si vestì rapidamente. Tornato in camera si avvicinò a Nora, preoccupato.
“Che c’è?”
“Come ti senti?”
“Io? Bene.”
Nora tacque. Bruce continuò.
“Ho l’impressione di aver dato la risposta sbagliata…”
“Io non mi sento bene per niente, invece” disse lei.
Spense la tv.
“Io sono sposata e ho due bambini e ho trascorso la notte con un altro uomo. Sposato con figli. Non mi sento bene per niente”
“Nora, il mattino dopo uno…”
“No! Fammi finire!”
Bruce abbassò il capo. Proprio quel tipo di reazione che deplorava anche in sua moglie.
“Non credere, – cominciò Nora, riempiendosi l’aria di polmoni forse anche per trovare la forza di iniziare e finire il discorso in un unico periodo – che la notte scorsa non sia stato bello. Dall’inizio alla fine è stata la notte più bella che io ricordi. E detesto l’idea che questa sensazione resti confinata alle 24 ore appena trascorse. E proprio questo detestare, in contraddizione con gli affetti che mi aspettano a casa mia, mi fa andare fuori di testa. Non posso mangiare il dolce e non ingrassare. Non posso vuotare la botte e non essere ubriaca. Non posso avere i miei figli e… avere te. Sempre ammesso che… questi pensieri abbiano scosso anche la tua di coscienza, cosa che in effetti dubito”
Bruce sorrise, scettico.
“Solo con tempistiche diverse dalle tue”.
Nora lo guardò incredula.
“… scherzi?”
“Mai stato tanto serio”
“Io ho dei figli. Non posso lasciarli soli”
“Anche io ho dei figli. Si fanno delle scelte nella vita e a volte le conseguenze di queste scelte posso costare molto care”
“Appunto Bruce. Io la mia scelta l’ho fatta sette anni fa, sposando mio marito. Avendo i miei figli”
“Può… capitare di cambiare idea. E fare scelte diverse”
“Non è giusto che altri paghino per le tue scelte”
“Eppure è così. Dalla notte dei tempi”
Nora iniziò ad irritarsi.
“Cosa implica il tuo insistere tanto a contraddirmi?”
“Il tuo stesso desiderio di non voler confinare il piacere di ieri notte a ieri notte. Mi rendo perfettamente conto, a mente fredda che questo comporterà un casino dell’accidente, ma non sono disposto a perdere quello che ho trovato ieri. Che ho di fronte a me in questo momento”
Fece una pausa.
“Non chiedermi come questo sia potuto accadere nello spazio di così poche ore, eppure è così. E ti assicuro che sono stato – e sono tutt’ora – dilaniato dai tuoi stessi dubbi. Ma una cosa sola è limpida e sicura nella mia mente. Non voglio perderti”
Nora lo guardò, muta.
Adesso sì che la faccenda si complicava maledettamente.
Preoccupata e confusa si alzò dalla poltroncina.
“Se vogliamo mangiare e arrivare per tempo all’aeroporto dobbiamo darci una mossa”
Bruce la seguì fuori dalla stanza senza colpo ferire.

Bruce addentò il panino da dietro gli occhiali scuri, senza nemmeno troppo entusiasmo. Qualche ospite del fast food iniziava a voltarsi, mormorando, evidentemente lo avevano riconosciuto. Nora invece sbocconcellava le patate fritte, prelevandole ad una ad una, con le unghie lunghissime. Bruce le guardò le mani.
“Non sono scomode da tenere? Le unghie così lunghe…”
“Mh. Un po’. Ma ingentiliscono la mano. E la mia mano ne ha bisogno”
“Quanti anni hanno i tuoi figli?”
“4 e 5 anni”
“6 mesi durante il periodo scolastico non sarebbero male”
“Di che stai parlando?”
“Potresti restare qui 6 mesi con loro, durante il periodo scolastico…”
“… e gli altri sei mesi? Questa voglio proprio sentirla” Nora fece trasparire un ironico tono di sfida. Bruce lo ignorò.
“I miei figli sono grandi. E abituati a vedermi molto meno. Sei mesi a casa sarebbero una manna dal cielo per loro. Ma poi a quell’età il rapporto è diverso. E io sono il padre”
Nora alzò lo sguardo e sorrise maligna.
“Meno male…”
Nora tentò di riprendere seriamente l’argomento.
“Quindi gli altri sei mesi, se tu sei a casa TUA, io che dovrei fare?”
“Starci con me”
“Negli States”
“M-mh”
“Ti ho accennato al fatto che la performance come padre di mio marito non è relativa al suo lavoro?”
“Ricordo vagamente”
“Se io mi assento sei mesi potrebbero essere dolori coi bambini. No, non posso. Devo restare qui”
“Ci sarebbe un’altra soluzione”
“Dimmi”
“Che li portassi con te”
Nora sospirò, iniziando a mangiare il panino. Effettivamente… Era meno scema dell’altra come idea.
“Non posso portarli via dal padre”
“Potresti fare l’anno accademico con loro e poi portarli da noi a fare le vacanze. Se vi… accordate senza accapigliarvi, magari accetta”
“Nove mesi qui e tre da te?”
“Mh”
“Che razza di casino…” Nora scosse la testa.
Suo marito non avrebbe mai accettato, lei questo lo sapeva. E forse non aveva nemmeno tutti i torti.
“Dobbiamo deciderlo ora? Non credo, no? Dai, andiamo all’aeroporto, che questo posto inizia ad irritarmi”
“Questi sono discorsi che dovrei fare io, che sono la rockstar…” ironizzò Bruce.

Alla prossima settimana.

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