IL BOSS E L’ITALIANA – 10^PARTE

Siamo arrivati alla decima parte del racconto Tutt’ altra musica, il Boss e l’ italiana scritto da Sharonlacorta.
Buona lettura.

Bruce aprì gli occhi. Era ancora impastato e nudo, sotto il caldissimo piumino foderato di bianco, sotto il quale aveva giaciuto la sera prima insieme a Nora. Allungò un braccio. Lei non c’era. Aveva la punta del naso gelata, dedusse quindi che si stava bene soltanto sotto il piumino. Come avrebbe fatto a saltar fuori dal letto e lavarsi e vestirsi senza morire di freddo…? Il profumo persistente della legna bruciata lo confortava: significava che Nora aveva acceso la stufa. Trovò il coraggio di aprire con un movimento secco le coltri e fece una corsetta nel bagno, dove si infilò nella doccia; fece scorrere l’acqua bollente. Indugiò parecchio sotto lo scroscio, per togliersi le ultime tracce di stanchezza dalle membra, per perpetuare in qualche modo la sensazione divina che aver unito il suo corpo a quello di Nora gli regalava e per scaldarsi per bene. Uscito dal box doccia si guardò intorno: fortunatamente il bagno era di gran lunga più riscaldato della camera da letto… Rubò un accappatoio, che doveva chiaramente appartenere a Nora. Ce n’era uno soltanto e sembrava… piccolo per lui. Si strofinò la testa, continuando a guardarsi intorno. Curioso. Sulla mensola sotto lo specchio c’era una sola bottiglia di profumo. Ed era da uomo. Avrebbe giurato di esser stato inebriato anche dal profumo di Nora, oltre che da mille altre cose. Annusò il forellino dello spray: era proprio quello che usava lei. Nora usava un profumo da uomo. Le donne, quella donna soprattutto, non finivano mai di sorprenderlo.
Aprì la valigia e tirò fuori calzoni, maglia intima e camicia di flanella e si vestì. Mentre si infilava le calze e gli stivali constatò che la casa era avvolta nel silenzio. L’assenza dei bambini spiegava solo parzialmente la quiete acustica di quelle stanze, si chiese se non fosse stato lasciato da solo a soddisfare il suo bisogno di riposo. Scese piano le scale (che non scricchiolarono) e arrivò nel soggiorno. Si sporse appena nella cucina. Nora non lo vide, lui invece la colse in un momento “creativo”: era infarinata fino ai gomiti ed impastava una palla gialla che profumava di limone. Mostrava una discreta perizia nel lavorare la pasta, e andò avanti ad impastare ancora per una diecina di minuti. Bruce si sedette sugli ultimi scalini, stette a guardarla. Chissà cosa stava preparando… Una massaia. Si era innamorato di una massaia. Appassionata, dalla forte personalità ma… che soffiava sotto il suo fuoco, facendolo comunque sentire come piaceva a lui: un uomo su di un piedistallo. Si era sorpreso lui stesso, esteta quasi maniacale, ad affondare le dita nei suoi fianchi generosi, a percepire il morbido ventre di lei contro il suo, a constatare quanto ci fosse da abbracciare in quella straniera non certo filiforme. E non se lo spiegava. Ma ci stava diventando matto. Stare lì, ad osservarla mentre lavorava in cucina, pensando a tutto ciò che di lei gli piaceva e destava il suo interesse, gli portò la mente a “She’s got a way”, la bella canzone di Billy Joel. Nora diede la forma di un panetto alla pasta che ora appariva – anche da lì – liscia, poi prese un sacchetto trasparente, ce lo mise dentro, e si avvicinò ad una macchinetta che accese: fece un rumore infernale. Nora aveva messo l’impasto sottovuoto. Aprì la porta del frigo e ce lo mise dentro. Si lavò le mani nel lavandino, si asciugò, poi ripulì il piano di lavoro e mise a posto. Bruce continuava a guardarla, non riuscendo a decidersi a palesarsi. La vide apparecchiare la tavola per tre colazioni. Dunque non aveva ancora mangiato ed Evan evidentemente dormiva ancora. Aveva fame e le sue mani avevano voglia di toccarla. Si alzò dai gradini e bussò leggermente allo stipite della porta della cucina.
Nora alzò la testa.
“Ciao! Ti sei svegliato…”
Bruce la raggiunse subito e l’abbracciò e baciò sulle labbra.
“Ciao… da un pezzo, in realtà”
“Avrai fame… aspettiamo Evan? O vuoi buttar giù almeno un caffè?”
Alla parola fame Bruce sentì lo stomaco rivoltarsi in segno di protesta.
“Vorrei aspettare Evan, ma un caffè ci sta tutto – rispose – Che stavi preparando?” chiese, indicando il frigo in cui Nora aveva appena riposto l’impasto.
“Ah, mi stavi spiando?? E’ pasta frolla. I miei biscotti erano piaciuti così tanto a tuo figlio che ho pensato di riprepararli stasera, insieme ad una crostata”.
“I… tuoi biscotti? Tu fai i biscotti?”
“Semplici biscotti di pastafrolla, niente di che… una mia prozia altoatesina ne faceva alla moda tedesca di straordinari, con cannella e glassa di zucchero sopra…”
Bruce scosse la testa, incredulo. Una massaia, a tutto tondo. Sorrise.
“Il cibo… il cibo ha una grande importanza per te”
“Vero, – disse lei, sbocconcellando un pezzo di pane preparato in un cestino per la colazione – ognuno ha il suo campo: tu sei creativo scrivendo canzoni, io sono creativa in cucina…”
Fece funzionare la macchinetta del caffè e ne preparò due.
“Ecco qui. Hai dormito bene?”
“Meravigliosamente… Fa… fresco in camera da letto…” rispose Bruce.
Nora rise.
“No Bruce… non fa fresco. Fa freddo. Il riscaldamento è spento e il tepore che può esserci è soltanto quello della ole qui al piano di sotto. Io poi tengo sempre uno spiraglio di finestra aperta…”
“Sei pazza?? Col freddo che faceva ieri!”
“Sempre, caro. Dormire al freddo è più sano!”
“Tutti uguali… – borbottò tra sé e sé – Pazzi, molto pazzi…” continuò in italiano.
Nora rise.
“Questa è nota!! Ci hanno fatto pure un gruppo su Facebook…”
Vuotata la tazzina e lasciatala sul tavolo, Bruce disse:
“Vado a svegliare Evan”
“Non ci corre dietro nessuno, lascialo dormire…” tentò di fermarlo Nora
“Ho fame…” rispose Bruce, avviandosi a grandi passi verso la stanza dello yoga/camera degli ospiti dove dormiva il figlio.
Entrò piano nella stanzetta. Il letto era completamente disfatto ed Evan stava proprio svegliandosi in quel momento. Ancora a pancia in giù, ancora con la faccia nel cuscino, salutò il padre sulla soglia.
“Ehi…” biascicò.
Bruce si sedette sulla sponda del letto.
“Muoviti a vestirti, ragazzo: ho fame e Nora vuole aspettare anche te per fare colazione”
“mhh… Ci sono i biscotti di ieri?”
“Quali biscotti…?” Bruce guardò Nora, appoggiata allo stipite della porta che sorrideva infingarda.
“Il ragazzo ha buon gusto…”
“Quei biscotti?! Maledetto, li hai già provati…”
“Vado a scaldare acqua e latte…” fece Nora, allontanandosi per tornare in cucina.
“Sei riuscito a dormire bene, vedo”
“Mh, sì. Fa freddo in questo posto però… si sta bene, non so come dire”
“Dormire al freddo è più sano!” pontificò Bruce, imitando l’accento italiano.
Evan si mise a sedere sul letto.
“Papà… ho parlato con lei ieri sera”
Bruce diventò subito serio.
“Ah sì?” ostentò un disinteressato distacco: in realtà paventava di sentire i risultati di quella conversazione.
“E’ una donna normale… “
“Mh”
“Ma è così diversa dalla mamma che credo di capire perché ti sia piaciuta così tanto”
Bruce tirò dentro di sé un sospiro di sollievo. Almeno un elemento della famiglia non gli sarebbe stato ostile per la sua storia. Beh, non del tutto almeno.
“Onestamente? Non saprei spiegartelo nemmeno io. Si percepisce in lei una grande energia ma… è tutto sotto la cenere, come un vulcano spento. Senti che ha grandi potenzialità ma non è… prevaricatrice o invadente”
“Poi sa cucinare i biscotti e ieri sera mi ha fatto il grano cotto ed era strano ma buonissimo… E poi aveva preparato una carne buonissima e… oh, fattelo spiegare da lei: è un’artista a dirti in modo semplice le procedure più complicate di cottura di un cibo!”
“Lo so, ho già provato…” Bruce sorrise, pensando alla loro serata al ristorante dopo il concerto e dopo la festa di quell’estate.
Bruce si guardò le mani.
“Evan, io ho amato tua madre più di chiunque altro in vita mia. Ma il rapporto che ti lega ad una persona cambia negli anni e quello che legava lei a me è stato forse… troppo sfruttato. Nora è stata… una boccata d’aria fresca. Ti assicuro che, nonostante la sbandata presa quest’estate non confidavo più di tanto nel permanere di un sentimento. Invece… invece è successo, lei mi è mancata ogni giorno di più fino a quando finalmente l’ho rivista, ieri. Ieri ho avuto la conferma che non riuscirei più a stare con la mamma. Mi dispiace… “
“Beh… mi piace vederti sereno. Mi piaceva di più vederti sereno vicino alla mamma ma negli ultimi anni ho percepito non poche ruggini. Credo che prima o poi sarebbe successo, con Nora, senza di lei o con qualcun’altra al suo posto”
Bruce sentì una fitta al cuore. Evan aveva ragione.
“Facciamo onore a questa colazione italiana?” diede una benevola pacca sulla schiena di suo figlio.

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