IL BOSS E L’ ITALIANA – 8^ PARTE

Puntata numero 8 del racconto scritto da Sharonlacorta.

Fece varcare la soglia ai suoi ospiti. I quali si ritrovarono in un soggiorno completamente perlinato, con divani di pelle di bufalo, coperte buttate sopra a casaccio ed una grande stufa di maiolica chiara che dominava la stanza. L’aria profumava di arancio, cannella e chiodo di garofano, e un vassoio con tazze, tè e cioccolata e qualche biscotto era appoggiato su un tavolino di fronte ai divani. Caldo e profumo… Bruce fu travolto da una sensazione di infinito benessere.
“Oh Nora… è carinissimo qui…”
Nora sorrise, visibilmente soddisfatta.
“Non mi lamento”
D’un tratto si sentì un pesante scalpiccio provenire dalle scale. I figli di Nora scesero come una valanga verso valle.
“Questi sono i miei gioielli… Emma e Andrea”
I piccoli arrossirono leggermente, sorridendo agli ospiti, poi scomparvero.
“Poco casino e mettete a posto i vostri giochi!!!” gli urlò dietro Nora.
“Tuo… marito dov’è?”
“Dai suoi. Non tarderà a venire: prende i bimbi con sé”
Bruce si fece serio, abbassò lo sguardo lievemente addolorato.
“Come stanno le cose?”
Nora nel frattempo fece cenno loro di sedersi. Servì una tazza di tè a Bruce e a se stessa e la cioccolata a Evan.
“Insomma… Diciamo che abbiamo avuto tempi migliori. Però, in considerazione di una certa fiducia l’uno nell’altra c’è una lieve propensione all’idea delle ferie… all’estero”
Un lieve bussare alla porta distolse l’attenzione di tutti dalla conversazione.
Bruce disse:
“Dev’essere Jon. Le nostre valigie…”
Nora aprì la porta e fece entrare il tuttofare.
“Vieni Evan – fece lei, facendo strada al ragazzo che si stava portando la sua valigia – ecco qui. Questa è la tua stanza. E’ leggermente… spoglia, ma c’è comunque tutto ciò di cui puoi avere bisogno: qui di fianco alla porta c’è l’armadio e il divano diventa un comodo letto, vicino c’è l’interruttore del faretto. Non c’è altro perché… oltre ad essere camera degli ospiti questa è la mia stanza dello yoga”
Il profumo di arancio, cannella e chiodo di garofano si trasformava infatti in incenso Nag Champa, oltre quella porta e sulla parete sopra il divano campeggiava un enorme poster con tutte le 908 posture dello yoga. Sulla parte a fianco un altro poster più piccolo con la sequenza del saluto al sole e sotto una panchetta in legno con il porta incensi, un piccolo lettore cd e i libri della disciplina. Quello che sembrava uno scendiletto era in realtà il materassino di Nora e sopra ad esso un cuscinetto con un ricamo rappresentante il simbolo “Om”. Nora spostò il tutto e lo ripose nell’armadio dal quale tirò fuori un “vero” scendiletto.
Evan la ringraziò.
“Se non ti dispiace mi cambio… Sono così ancora da casa, è stato un viaggio lungo”
“Fa’ come se fossi a casa tua” rispose Nora.
Lei e Bruce uscirono dalla stanza. Lui la guardava come se si fosse trovato davanti una persona che non conosceva.
“Fai yoga… vivi in una specie di chalet e hai un cane…”
“Vedi cosa succede a voler tener botta ai colpi di fulmine…?” chiese lei sorridendo.
“Finisci per non riconoscere la persona per cui hai perso la testa”
“Io dove dormo…?” chiese Bruce, la voce quasi un sussurro, eppure sempre carica di quella sua roca sensualità.
“Fuori. Con Chinook” fu la pronta risposta di Nora.
Bruce scoppiò a ridere, lievemente preoccupato. Nora lo portò su per le scale. Aprì la porta della sua camera da letto. Ancora legno, pareti, pavimento, soffitto, legno naturale nel cassettone, un letto grande, in ferro battuto, con la biancheria bianca. Un nido semplice ma incantevole. Nora aprì la porta di fianco al letto: conduceva al guardaroba e attraverso quello, al bagno.
“Puoi lasciare qui la valigia, se vuoi. La disfi domani?”
Bruce non le rispose. La tirò verso di sé e la baciò con trasporto, accarezzandole il corpo dalle spalle fin sotto i glutei.
“Finalmente… – mormorò – non ne potevo più: ho aspettato questo momento da quando sono salito sull’aereo, cinque mesi fa”
Nora gli sorrise.
“Sono molto contenta che siate venuti”
Nora sentì il cellulare vibrare nella tasca posteriore dei pantaloni. Lo tirò fuori e guardò il display.
“E’ Alessandro. E’ arrivato. Aspettami qui, per piacere. Gli lascio i bambini poi torno da te”
Bruce sentì Nora che andava in una delle altre stanze che aveva intravvisto al piano, quando erano saliti. Sentì la sua voce mentre – presumibilmente – chiedeva ai bimbi di lasciare i loro giochi e di mettersi i giacconi e gli scarponi, che papà era arrivato. Si sentì in colpa per aver causato quello scompiglio. Ma il senso di colpa sfumò quasi immediatamente al pensiero del suo corpo avvinghiato a quello di lei in quella stanza tutta di legno, in quel delizioso letto di ferro battuto, con la biancheria bianca e l’odore di legna bruciata e di arancio, cannella e chiodi di garofano che riempiva l’aria anche lassù.
Sentì Nora e i bimbi scendere le scale. Non volle guardare, sentì ancora Nora che parlamentava probabilmente col marito, sulla soglia. Poi sentì la porta chiudersi.
Nora impiegò un po’ a risalire in camera. E quando Bruce la vide si accorse che aveva gli occhi lucidi. La strinse ancora a sé.
“Dai… ti prego, non fare così. Vedrai come staremo bene l’estate prossima, con anche loro insieme a noi”
“Lo so, ma non è quello… – ribattè piagnucolando – E’ che ti guardano e ti baciano… e lo fanno come se… come se… sono sempre così affettuosi! Ignari del casino che sto montando intorno a loro!”
“Calmati… – l’incoraggiò Bruce – vedrai che saprai mantenere un profilo alto con loro e loro non sentiranno la tua mancanza e non ti rimprovereranno per nulla”
“Salvo per il fatto che li porto via al padre per l’unico periodo dell’anno in cui potrebbero stare tutto il tempo con lui”
“Restano le feste di Natale”
Nora lo guardò.
“Uff… Andiamo a bere il tè?”
Bruce le si avvicinò.
“Mmhh… non credo…”
La mano di lui corse sulla sua schiena, dal collo verso il basso, poi risalì, da sotto il maglione. Rimase con la bocca socchiusa, vicino alle sue labbra, carezzandole la gota con la punta delle dita. Si fece ancora più vicino, finché i suoi lombi toccarono quelli di lei. Nora si accorse che era… piuttosto felice di essere lì. Sentì il suo profumo, il suo fiato stentatamente rallentato e tiepido contro il suo viso. Poi, lentamente ma decisamente Bruce infilò la lingua nella bocca di lei, aprendogliela e muovendola dentro, all’inseguimento della sua. Nora circondò le spalle dell’uomo e lui, col solito colpetto di calcagno, chiuse la porta dietro di sé e la spinse su quel grande, morbido letto dalla biancheria bianca.

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