Un post di attualità, voi che ne pensate?
Finiremo tutti così?
Intendiamoci, il bavaglio è talmente vergognoso e demenziale che meriterebbe non uno sciopero, ma una serrata. Però l’obiezione di Feltri mette a dura prova il riflesso condizionato dei sindacati, Fnsi compresa, che ricorrono sempre e soltanto allo sciopero come se fosse l’unica forma di protesta.
Già la manifestazione dell’altro giorno in Piazza Navona, peraltro sacrosanta, denotava un po’ di stanchezza, ripetitività e mancanza di fantasia. Il fatto poi che vi abbia aderito il Pd rendeva il tutto vagamente fasullo, visto che il bavaglio Alfano è figlio naturale e legittimo della legge Mastella, proposta dal centrosinistra e votata alla Camera nel 2007 da tutti i partiti, con soli 9 astenuti o non partecipanti al voto (Giulietti, Grillini, Nicchi, Cannavò, Zaccaria, Carra, De Zulueta, Poletti e Caldarola) e nessun contrario su 630.
La Mastella, se possibile, era ancora peggio dell’ultima versione dell’Alfano: vietato pubblicare, anche parzialmente o per riassunto, tutti gli atti di indagine anche se non più coperti da segreto, fino al processo (l’Alfano, almeno, il riassunto lo consente per tutti gli atti, escluse le intercettazioni); per i cronisti, galera fino a 30 giorni o multe fino a 100 mila euro; quanto agli atti del fascicolo del pm, top secret addirittura fino alla sentenza d’appello. A parte il sindacato, l’Ordine, l’Unione cronisti, il Giornale, l’Unità e Annozero, la grande stampa (anche le testate che oggi si fanno belle sul palco di Piazza Navona) dormiva sonni profondi, e così gli editori.
Quando poi si andò alle urne, nell’aprile 2008, il programma elettorale del Pd al punto 4 (“Diritto alla giustizia giusta, in tempi ragionevoli”) prevedeva “divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richieste e delle ordinanze emesse in materia e di misura cautelare fino al termine dell’udienza preliminare, e delle indagini”. Il tutto per “tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini, che risultano spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali”. Dulcis in fundo, “sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali per renderle un’efficace deterrenza alla violazione di diritti costituzionalmente tutelati”.
Chi oggi marcia contro il bavaglio con chi ora lo combatte solo perché ha perso le elezioni non fa una bella figura. E non saranno un bello spettacolo nemmeno le edicole il 9 luglio, quando i lettori troveranno soltanto i giornali crumiri, cioè berlusconiani di destra (Il Giornale, Libero, Il Tempo, Il Foglio) e di sinistra (Il Riformista). Bel risultato, non c’è che dire. Avvertito in anticipo, il Bananane approfitterà per intensificare le vergogne l’8 luglio, ben sapendo che l’indomani ne parleranno (anzi, non ne parleranno) solo i suoi house organ. Per carità, non intendiamo rompere la solidarietà del fronte anti-bavaglio.
Ma solo insinuare, finché siamo in tempo, un piccolo dubbio negli amici della Fnsi: sicuri che la forma più efficace di protesta contro il bavaglio sia autoimbavagliarci per un giorno? Non sarebbe meglio uscire tutti in edizione straordinaria, listata a lutto, in forma di dossier con le intercettazioni e gli atti d’indagine più importanti di questi anni che, col bavaglio in vigore, non avremmo potuto pubblicare? Chi protesta contro il bavaglio lasciando campo libero ai trombettieri dell’imbavagliatore ricorda quel tale che, per far dispetto alla moglie, si tagliò… bè, ci siamo capiti.