IL BOSS E L’ ITALIANA – 7^ PARTE

Qualche commento? Idee su come finirà il racconto di Sharonlacorta?

Capitolo III

Nora fece il numero. Dall’altra parte udì il segnale della linea libera. Dopo un secondo una voce femminile, senza salutarla, le disse:
“No, dico, cosa stavi aspettando?!”
“Ciao tesoro”
“Tesoro?! Tesoro una pippa! Allora? Racconta com’è stato!!!”
“Beh Giulia… Giulia… Giulia. E’ andata oltre qualsiasi più rosea aspettativa…”
“Noooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!! Lo sapevo, mannaggia!!”
“L’ho incontrato”
“COOSAA??”
“Al party post concerto. L’ho incontrato”
“Ohsssignoresvegliamichestosognandooooo!!!!!!! Com’è? Com’è????”
“L’ho incontrato. L’ho portato a cena. L’ho riaccompagnato in albergo”
“Tu hai fatto… COSA? Aspetta, cosa stai per dirmi, Festi?”
“Giulia, ho peccato”
“Non ci credo”
“Sì. Ho peccato ed è stato il peccato carnale più appassionante della mia vita”
“Sei pentita? Se sì, è giusto così. Se no, pentiti ma solo dopo avermi raccontato TUTTO…”
“Dell’atto in se stesso? Neanche per sogno. Delle implicazioni future? Sono terrorizzata”
“IMPLICAZIONI FUTURE?? Quando cazzo torni a Milano??? Tu ed io dobbiamo fare un discorsetto!”
“E’ ripartito, ma vuole che ci rincontriamo. Vuole organizzare la… gestione dei miei bimbi: io con loro nove mesi qui e gli altri negli States, con lui”
“Festi, svegliati. E smetti per un secondo di ragionare con la gnocca e usa la testa. Te l’ha messo per iscritto che ti richiamerà? Che ti verrà a trovare? Che ti pagherà un biglietto per andarlo a trovare? Non credo proprio. Quindi torna sulla terra, vai dal prete, confessati e torna dalla tua famiglia”
“Ho parlato con Alessandro ieri. Inizia a fare le valigie nel fine settimana: torna dai suoi”
“No, no, no… Dico ma non vi sembra affrettato?? Ma gli hai parlato di Bruce?”
“Non esattamente. Gli ho detto che… ho avuto un’avventura e che secondo me è il segnale e la conferma che le cose tra noi non vanno”
“Madonnina. Però Nora… sei fuori di testa. Se non fosse stato per Bruce, avresti continuato ‘seduta’ sulla tua condizione di moglie infelice e madre strinata. Sono un po’ delusa, se devo essere sincera”
“Immaginavo che lo saresti stata. Ma io ti rispetto. Sei la mia amica, la mia migliore amica e a te non ho mai nascosto nulla. Non avrei mai potuto, non potrei. Mi sento… una schifezza”
“Emmenomale” Giulia fece un lungo sospiro.
“Racconta. Com’è stato?”
“E’ un uomo fantastico. Il modo in cui parla, si muove, ti guarda, ti tocca…”
“Alt! Vedi di non entrare in quei particolari che io m’imbarazzo”
“No, no… – sorrise Nora – non lo farei. Però… sul generico ci sto: fa l’amore in un modo… fantastico”
“L’hai già detto”
“Non è vero”
“Che è fantastico l’hai già detto”
“Noiosa…”
“Continua…”
“La voce, Giulia… la voce, anche quando parla… normalmente o a letto… è fantastica”
“Dagli! Rinnova gli aggettivi, altrimenti ti metto giù il telefono”
“Vuoi un difetto?”
“Scommetto che ha le doppie punte…”
“Ha le mani piccole…”
“Per suonar la chitarra vanno benissimo”
“Oh!! Anche per molte altre cose…”
“Smettila!! Se continui così sarà costretta a venirti a trovare..”
“Mi pare un’ottima idea”
“Quando vengo?”

Erano le quattro del pomeriggio e il cielo volgeva già al blu scuro. Per il giorno successivo era prevista un’altra forte nevicata, ma in quel momento l’aria era limpida e freddissima e presto la volta nera sarebbe stata piena di stelle.
Sull’erta salita che portava a casa di Nora c’erano grandi mucchi di neve, ai lati della strada. Lei era sul portico, la figura scura che si stagliava contro le finestre illuminate del soggiorno, le braccia conserte, stretta nel suo corpo avvolto da un mega maglione dal filato grosso. Sbuffava vapore e, non vedendo nessuno, iniziò a incamminarsi giù dalla discesa. In quel momento intravvide il SUV nero fare capolino da dietro la curva. Segnalò di lasciare l’auto nello spiazzo lì vicino. Il passeggero sul sedile anteriore aprì la portiera e Nora vide che era lui. Si fermò un attimo a parlare con l’autista – lo stesso dell’altra volta – poi scese. Dietro di lui, in uscita dalla parte del sedile posteriore, un altro passeggero, magro e alto.
Bruce s’incamminò per la salita, quella sua andatura leggermente caracollante. Era avvolto in un giaccone pesante, ma sotto la divisa era la solita: jeans e stivali. L’altra persona gli si accostò: Nora ebbe l’impressione che fosse piuttosto giovane.
Chinook, il suo cane, arrivò di corsa, dopo aver attraversato tutto il giardino ed iniziò a saltarle intorno. Nora lo invitò a star buono e lo portò verso il portico.
Bruce si fermò, a pochi centimetri da lei. Nora, leggermente intirizzita e spettinata, lo guardava con un sorriso tenero. La abbracciò stretta e stettero così, per qualche minuto.
Bruce, con gli occhi chiusi, le mormorò:
“Quanto mi sei mancata…”
Poi si staccò da lei, e con un gesto di accoglienza fece avvicinare l’altra persona.
“Mi sono permesso di portare mio figlio Evan con me, Evan questa è Nora”
Il ragazzo strinse la mano della donna, un sorriso rigido gli ruppe il viso.
“Venite dentro, ho preparato tè e cioccolata. Ha fatto molto freddo oggi ma stanotte e domani nevicherà quindi… andrà meglio”
Nora li condusse dentro casa. Chinook intuì chi, oltre a Nora, poteva dargli retta e iniziò ad annusare Evan, scodinzolando. Evan, lievemente timoroso, gli accarezzò la testona bianca.
“E’ bellissimo… “
“Ti ringrazio… Chinook è un cane estremamente espansivo… ma è buono. Ci tengo sempre a dirlo, perché grande com’è incute sempre un certo timore”
“Come hai detto che si chiama?” chiese il ragazzo.
“Chinook”
“E’ il nome di un popolo di Nativi Americani…” fece Bruce.
“Di stanza nella zona di Seattle. Chinook è un cane abituato al freddo, è un Siberian Husky. Per questo gli ho dato il nome di un popolo che viveva al nord”

http://feeds.feedburner.com/Tsitalia