Per chi se la fosse persa la prima parte la trovate qui.
Buona lettura.
Il locale ricordava  le vecchie discoteche anni 80, specchi, luci, divanetti, un frastuono  inimmaginabile al di qua delle casse. 
“Portami  al bar, perfavore… ho bisogno di una birra gelata” disse Bruce,  cercando conforto nella familiarità che Steve sembrava avere con quel  posto.
Mentre aspettava  al banco, notò due cose interessanti. La prima era che, nonostante  la ressa che si accalcava nel locale, nessuno sembrava dar segno di  riconoscerlo. Casualità o calcolo? Per ora era un risvolto interessante  della serata. La seconda cosa era… la popolazione. C’era un elevatissimo  numero di donne. Belle. Giovani. Non… molto vestite. Calcolo. Non  poteva essere altrimenti, un altro scherzo di Steve.
“Grande,  chiara alla spina” disse il barista, piazzando davanti a Bruce un  bicchierone di birra gelata. 
Bruce accostò  le labbra al boccale e lasciò che il liquido gelato, leggermente  amarognolo e spumeggiante gli recasse sollievo alla gola. La sua mente  iniziò a vagare… Mamma, quanta carne al fuoco. Belle, giovani,  non molto vestite… Riusciva a leggere la sensualità negli occhi di  qualsiasi ragazza adocchiasse nel locale. I sorrisi non indirizzati  a lui, la pelle lucida per il sudore, i muscoli guizzanti al ritmo della  musica, glutei sodi e pance piatte, qualche seno un po’ più sodo  del dovuto. Gli venne una voglia improvvisa, repentina, che mal si sposava  con la sua condizione di uomo coniugato, con figli e… ultrasessantenne.
Si voltò  verso il bancone e infilò gli occhi nel boccale, bevendo avidamente,  concentrandosi soltanto sulla birra e sul sollievo che gli recava alla  gola. Steve era già in mezzo a due bionde, l’aveva scorto prima,  che ballava della roba inascoltabile. Beato lui, così… spensierato,  così naif. 
Passò  il dito sul cerchio bagnato lasciato sul banco dal boccale…. Che cosa  lo aveva spinto a buttarsi in quella serata assurda? Non aveva voglia  di essere lì, non apparteneva a quel posto. Mentre era immerso nei  suoi pensieri e nel disagio dato dal suo sentirsi nel posto sbagliato  al momento sbagliato, sentì la voce di Garry dietro di sé.
“Beh, questo  è fantastico! Vieni, posso offrirti qualcosa? Bruce…”
Gli si accostò,  accompagnato da una donna un po’ pingue e spettinata, sorridente ma  con l’aria leggermente esaurita. Somiglia a me… pensò.
“… posso  presentarti Nora? Un contatto di Steve… sai Facebook, internet e tutte  quelle belle storie…”
Nora gli tese  la mano e biascicò un saluto fuori dalla bocca sorridente. Rimase  sorpreso: il miglior accento americano che avesse mai sentito in vita  sua da uno straniero.
“Wow…”  mormorò.
Nora lo guardò  con aria interrogativa.
“Il tuo inglese.  E’ fantastico.”
“Grazie”  rispose Nora, senza vanagloria.
Garry si allontanò,  guadagnando la strada per la toilette.
Nora lo cercò  con lo sguardo.
“Perbacco.  Ho perso il mio “cavaliere”…”
“Posso offrirti  io una cosa da bere se ti fa piacere” fece Bruce, tranquillo. L’impeto  di poco prima stava fortunatamente scemando.
“Grazie.  Bevo volentieri. Negroni, per favore” disse Nora, rivolta al barista.
“E’ andato  bene il concerto?” chiese.
Bruce sorrise  “Di rado, ma proprio di rado, devo lamentarmi….”
“Mi chiedevo…  ma non sei mai stanco?”
“Il pubblico  ti dà una carica inimmaginabile” risposte la rockstar, socchiudendo  gli occhi ed evocando con i sensi il piacere di avere di fronte 65000  persone plaudenti.
Nora ringraziò  il barista con lo sguardo e iniziò a gustare il cocktail a piccoli  sorsi “Posso immaginarlo ma… beh, mi fido del tuo giudizio!”
“Ehi… –  fece Bruce incuriosito – che c’è lì dentro?”
“Oh… il  cocktail?” Nora pescò la fetta d’arancia con le lunghe unghie e  la succhiò. “Un terzo di Campari, un terzo di Martini Rosso e un  terzo di gin. Vuoi assaggiare?”
Bruce si fece  sfuggire una gustosa risata.
“Caspita,  ragazza! Non ci vai tanto per il sottile!”
“In effetti…  – fece Nora, con un sorriso a bocca mezza chiusa, che sembrava più  un ghigno – dopo uno di questi o te ne vai a letto o ti trovi un divano  comodo…”
“Questa mi  sembra una buona idea…” Bruce, che aveva puntato già da un po’  un divanetto in una specie di séparée, la prese garbatamente sottobraccio  e la condusse in quel luogo lievemente appartato.
Si sedettero  vicini. Bruce la guardò. Nora gli restituì lo sguardo, ma incredula,  interrogativa. Bruce colse la richiesta di spiegazioni.
“Mi ero stufato  del bancone del bar. Ma non sei ubriaca, vero?”
Nora rise.
“Non ancora!  Ma conto di esserlo molto presto”
Bruce si rabbuiò  leggermente. Per quando non disdegnasse delle sane bevute non amava  le donne in stato di ebbrezza.
“Sarebbe  un peccato. La festa è bella. O no?”
“La festa  è bella, sì…”
Bruce si sistemò  meglio sul divanetto.
“Senti, posso  chiederti una cosa?”
Nora accompagnò  il suo assenso col bicchiere.
“Spara”
“Perché  sei venuta qui?”
Nora aggrottò  la fronte. 
“Non capisco”
“E’ questo  il punto! – fece Bruce – A che serve venire ad una festa se ti vuoi  ubriacare? Si fa prima a farlo a casa… e poi è meno pericolo, non  devi metterti per strada… se devi star male è molto meglio sentirsi  male a casa propria”
Nora sorrise.
“Scherzavo…  Stavo scherzando. Non c’è bisogno di scaldarsi”
Bruce si sentì  imbarazzato.
“Scusa. Non  volevo diventare… invasivo”
“Non lo sei  stato”
“Oh è un  caso. In realtà sono un gran chiacchierone!”
Nora trattenne  a stento una risata, annegandola nel bicchiere.
“Questa la  dovevo ancora sentire! Sebbene… certi tuoi DVD lascino trasparire  una tua attitudine socievole…”
Bruce bevve  un altro sorso di birra.
“Internet  quindi. E’ questo il legame tra te e Steve”
Nora fece un  cenno di assenso.
“Un giorno  ho beccato Steve online mentre ero su Facebook. Ho fatto toc-toc per  una chattata e… voilà! Eccomi invitata alla festa post concerto!”
“Quell’uomo  è pazzo”
“Oh no. Ti  assicuro che ce ne sono di molto più squilibrati in giro per la rete”
Bruce vide  una fede al dito di Nora. Dunque anche lei era lì come lui…  una specie di errore, una concomitanza infelice e scorretta di tempo  e luogo. Guardò la sua fede al dito, l’accarezzò, la fece girare  intorno al dito. Vincolo o impegno? Abnegazione o sacrificio? Patti  era un’artista come lui, avrebbe dovuto capire almeno un poco come  si sentiva lui.
“Dov’è  tuo marito?” chiese.
“Dove penso  sia tua moglie” fu la pronta risposta di Nora
“A   casa, coi miei figli” chiarì.
“Libera uscita?”
“Adesso sì  che sei invasivo”
Bruce sollevò  le braccia, in segno di resa.
“Hai ragione.  Scusa”
“Ma no…  ti stuzzico. Mi permetto di farlo perché… sento che la modalità  del nostro essere qui è simile”
Bruce sorrise,  abbassando lo sguardo.
“Mh… di  rado mi è capitato di trovarmi così a mio agio a parlare con qualcuno  che avevo appena conosciuto, di essere così trasparente per il mio  interlocutore”
“Quanto male  sei messo?”
“Credo che  il fatto che tu ed io si stia ancora indossando la fede la dica lunga”
“Beh. I miei  figli sono ancora piccoli. Ma abbastanza grandi da notare una cosa come  la mancanza di un anello”
“Lei non  capisce le mie ragioni legate al lavoro. Mi vorrebbe a tempo pieno con  la famiglia”
“Per forza.  E’ una madre”
“Allora tu  perché sei qui?”
“Perché  sono esaurita. E perché la performance di mio marito come padre non  è legata al lavoro”
“Come hai  detto che si chiama il tuo cocktail…?”
Nora rise.
“Aspetta.  Vado a prendertelo”
“No”
Bruce la fermò,  una mano sul braccio.
“Hai mangiato?”  le chiese.
“Un panino…  quasi quattro ore fa”
“Andiamo”
Bruce la prese  per mano e la trascinò via dal divanetto, guadagnando l’uscita.
“Bruce!!  Ma che fai??”
La rockstar  iniziò a frugarsi le tasche, alla disperata ricerca delle chiavi  del SUV. Poi gli venne in mente che poteva averle Jon, il tuttofare  che in quel frangente fungeva da autista. Fortunatamente lo vide poco  lontano, fuori dall’ingresso del locale, che si fumava una sigaretta.
“Ho fame.  Jon! Ehi, Jon!!”
Nora lo vide  allontanarsi a grandi passi e, dopo essersi avvicinato e poi allontanato  da un ragazzo, profondersi in un gran gesticolare. Meno male che sono  gli italiani a parlare con le mani, pensò.
Bruce si riavvicinò  a Nora, sorridente e mostrando le chiavi della macchina.
“Andiamocene  a mangiare in un posto tranquillo”
(CONTINUA PROSSIMA SETTIMANA)
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Continuate a leggere che il finale è veramente a sorpresa.
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